Afghanistan e il dilemma social media

Mentre La presa di Kabul ci lascia sgomenti, ci chiediamo cosa ne sarà dell'Afghanistan e il dilemma dei social media sulla tutela della vita

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Nelle ultime settimane siamo rimasti col fiato sospeso e altrettanto attoniti davanti alle immagini della presa di Kabul e di gran parte dell’Afghanistan da parte dei talebani.

Probabilmente le domande sono comuni. Prima di analizzare il caso Afghanistan e il dilemma social media, ci si chiede: Che ne è stato dei vent’anni di missione americana per portare l’ordine nella terra di nessuno? A cosa è valso lo spreco di vite di migliaia di soldati che hanno cercato di portare aiuti umanitari e legalità? Perché l’ONU non fa nulla contro la negazione dei diritti umani?

Bandiera degli Stati Uniti d’America

Cronaca annunciata della morte di uno stato

La pretesa di cambiare uno stato la cui essenza è il caos è stato considerato un atto di arroganza. A dirlo, è il SIGAR, l’Ispettore speciale generale per la ricostruzione dell’Afghanistan. La domanda del SIGAR è stata: Cosa abbiamo imparato in vent’anni di operato americano?

Proporre il proprio modello di giustizia è stato il primo fallo. Si è voluto costruire una macchina burocratica complessa e lenta in un paese dove l’idea di giustizia è rapida e tribale. Qui sono le tradizioni e i comandamenti della Sharia il fondamento della giustizia. È mancata la contestualizzazione dell’azione rispetto al territorio. L’Afghanistan è da sempre un paese dal punto di vista geopolitico diverso dall’Occidente.

Vive di continue lotte interne tra tribù che rivendicano il proprio potere. La seconda pretesa è stata il voler stravolgere la cultura apportando un modello di uguaglianza di genere. Il risultato quindi? Aumento dei conflitti interni, messa in serio pericolo la vita delle donne, spaccatura tra modernisti e integralisti. Per l’Afghanistan, soprattutto, non c’è stata la possibilità di costruire la propria identità. Davanti al baluardo dell’ONU è venuto meno il diritto fondamentale dello stato libero, capace di autodeterminarsi.

Tomba del Fondatore del moderno stato dell'Afghanistan. Ahmad Shah Durani
Tomba dell’imperatore Ahmad Shah Durani. Fondatore dello stato Afghano

Il ritorno dei Taliban in Afganistan

Il ritorno dei Taliban in Afghanistan e la propaganda internet

Il racconto della caduta di ogni singolo villaggio ai piedi dei Taliban e la presa di tutte le città fino alla capitale Kabul in 40 giorni è apparsa dall’inizio come qualcosa di straordinario. E i Taliban la loro missione l’hanno saputa raccontare e condividere ,in particolare con whatsapp, seppure ciò crei in Afghanistan il dilemma dei social media. Tuttavia, le gesta, se così possiamo chiamarle, dei Taliban non sono né straordinarie né inaspettate.

Tutt’altro, da quando Joe Biden ha dichiarato il ritiro delle truppe americane dal suolo afghano e, sottointeso, ha smesso di elargire denaro al governo filoamericano che aveva preposto, i Taliban hanno concluso l’opera.

A seguito della perdita del potere nel 2001 a causa dell’insediamento americano post 11 settembre, si erano ritirati in territori marginali a nord dell’Afghanistan senza però smettere la propria propaganda lenta ma che negli anni grazie al sistema delle relazioni tribali e della corruzione.

La preoccupazione dell’opinione pubblica di tutto il mondo per l’Afghanistan e il dilemma dei social media

Mentre le principali potenze mondiali stanno a guardare insieme ai propri paesi satelliti, l’opinione pubblica non rimane indifferente. All’urlo di “Afghan lives matter”nelle piazze corrisponde la viralità dei messaggi di sostegno via social.

L’interesse dei giovani, in particolare, va oltre il cosiddetto “slacktivism” ossia l’attivismo passivo di chi condivide sui social il proprio interesse ma non fa nulla nella pratica.

In realtà, attraverso tiktok e Instgram gli utenti cercano di andare a fondo alla vicenda e se possono, partecipano anche a iniziative di Community influenti come Freeda Italia e la raccolta fondi per le donne afghane attraverso la Fondazione PangeaOnlus a seguito di un video diventato virale di una ragazza afghana.

Video dichiarazione di una ragazza in lacrime per l’Afghanistan e il dilemma social media

Da Facebook a Clubhouse, i social media che vogliono tutelare i civili

Per limitare la propaganda talebana via social, il sostegno dei filo-estremisti di destra e al contempo tutelare la privacy degli utenti in Afghanistan, da Facebook a Clubhouse sono state prese delle misure restrittive. Nel caso di Facebook e Clubhouse, da un paio di giorni, non è più possibile visualizzare la lista di amici dei propri contatti, biografia, cronologia di post o condividere foto.

Allo stesso modo Linkedin ha nascosto le connessioni degli utenti in modo che non siano visibili a terzi. Nel frattempo Twitter è pronta a sanzionare chi viola le regole della sua piattaforma inneggiando alla violenza.

Nel caso di Airbnb si offre accoglienza con 20 mila di alloggi per i rifugiati afghani in tutto il mondo. L’azione rientra nella campagna Open Homes avviata nel 2017 a sostegno delle persone vittime di catastrofi e conflitti.

Il dilemma social in Afghanistan

Malgrado la buona volontà dei colossi social di voler tutelare la popolazione afghana, rimane un problema. YouTube, ad esempio, non è ricorsa a misure ad hoc. La piattaforma ha dichiarato che le sue linee guida si applicano a tutti in modo uguale tenendo conto della coerenza dei contenuti e gli obiettivi istruttivi, informativi e artistici.

Inoltre, non dimentichiamo che le misure da parte di Facebook, Twitter e gli altri social non spaventano i Talebani che sin dall’inizio si sono serviti di whatsapp in maniera indisturbata e di internet per alimentare la propria propaganda.

D’altronde, whatsapp, in virtù della sua crittografia end to end, se è vero che da una parte protegge i messaggi degli utenti; dall’altra rende difficile risalire ai contenuti delle chat private. Quindi ciò dimostra la difficile posizione dei social media, divisi tra considerare ban i contenuti di un paese e dall’altra riconoscere la libertà di espressione.

Considerazioni

Attraverso questa analisi anche politica spero di aver spiegato in modo semplice ciò che l’Afghanistan sta vivendo. La lettura delle fonti mi ha permesso di capire che oggi questo paese svolge un ruolo importante nello scacchiere geopolitico orientale. Di questo, malgrado il suo stato di emergenza, ne sono consapevoli l’Occidente e l’ONU.

Quest’ultima ha solo riconosciuto i Talebani come un movimento terroristico. Nel frattempo gli Stati Uniti si sono dileguati dopo il flop della propria “missione umanitaria” costata vite umane e 1 trilione di dollari. Mentre, l’Europa tergiversa sulla questione accoglienza profughi come fosse una patata bollente.

Quello che ognuno di noi può fare nel proprio piccolo è utilizzare i social in modo responsabile, diventando consapevoli delle battaglie e dei valori solidali da promuovere in qualità di cittadini del mondo.

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