Burgez: un lovemark ribelle e maleducato

Burgez è riuscito a divenire un lovemark grazie alla sua comunicazione irriverente e senza freni. Dalle strategie social e outdoor, alle collaborazioni analizziamo questa atipica tecnica comunicativa.

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Burgez è una catena di fast food americana ideata da Simone Ciaruffoli, approdata in Italia per la prima volta nel 2020. Da alcuni amato, da altri odiato, da altri ancora invidiato o copiato; in pochi mesi, il “brand” è riuscito a divenire un lovemark.

Grazie a una comunicazione diversamente convenzionale e a un forte posizionamento strategico, Burgez non è solo un esempio da seguire per il mondo della ristorazione, ma soprattutto un manuale vivente di come fare marketing (e farlo bene) andando controcorrente e facendo leva sull’azzardo e sull’anticonformismo.

E funziona così bene perché sono ancora in pochi ad aver capito come si fa. Ma qual è la ricetta vincente di Burgez?

Diventare un lovemark

Esistono numerosi brand di fast food e soprattutto esistono numerosi modi per soddisfare lo stesso bisogno del consumatore; dunque, la concorrenza è sempre più ampia. Nel caso di parità di qualità, tuttavia, bisogna trovare altre variabili da sfruttare per poter spiccare, farsi notare e successivamente farsi amare. 

Per definizione, un lovemark è un brand di cui ci siamo innamorati. Proprio come tra persone, grazie alla sensualità, al mistero, all’empatia e alla passione, è possibile imparare ad amare un marchio e, di conseguenza, essergli fedeli.

D’altronde, la spiccata loyalty di cui gode Burgez, viene sottolineata anche nel suo slogan “Try Not To Come Back If You Can”. 

Un po’ come un amore persuasivo, provocatorio, non del tutto sano, di cui non riusciamo a fare meno.

Non stiamo parlando più semplicemente di un buon hamburger, Burgez è una community affezionata al suo modo di essere e di pensare, che acquista il merchandising e indossa felpe “brandizzate“, che condivide lo stesso tono di voce e gli regala un continuo e positivo passaparola. 

Burgez, ad oggi, è diventato a tutti gli effetti un lovemark. E il suo ingrediente segreto è proprio il marketing.

Le campagne controcorrenti

La comunicazione di Burgez è nemica degli standard.  Presenta strategie non convenzionali, si scontra sfacciatamente con tutte le teorie che potremmo trovare nei libri di testo.

Ogni azione di promozione o trovata pubblicitaria di Burgez ha una caratteristica precisa: la presenza di uno storytelling e storydoing irriverente, fastidioso, sagace e senza freni.

Dall’utilizzo assiduo di meme alla sfacciata pubblicità comparativa al limite del legale, il tono di voce tipico per Gen Z e la provocazione continua. 

Burgez non ha semplicemente cambiato le regole del gioco: le ha studiate, comprese e totalmente rivoltate. Se il marketing base insegna “A”, la catena di fast food trova il modo di fare “B”

Burgez è ribelle ma geniale, scandaloso ma iconico, anticonformista e a tratti volgare. 

La popolazione sembra dunque essersi divisa; esiste colui che ha paura dell’ignoto e per difesa ci si scaglia contro, e colui che si innamora della diversità. 

In questo senso, Burgez è lovemark e hatemark allo stesso tempo. Il marketing della catena è moderno, fresco e con uno sguardo distintivo di apertura su un paese che forse ancora non è pronto. D’altronde, per quanto ci piaccia pensare di essere avanti, la scena italiana ancora stenta ad accettare il marketing anticonvenzionale o, più in generale, l’offesa palese e l’affronto provocatorio. 

Contro il consumatore

La filosofia aziendale di Burgez dell’ “andare sempre nella direzione opposta” calpesta anche il mito del “il cliente ha sempre ragione”.  O meglio, la cortesia di solito riservata alla clientela fa un passo indietro, per lasciare spazio al gioco e alla schiettezza.

Ad esempio, se è ormai uso per i brand creare un post di ringraziamento al raggiungimento di numero indefinito di followers, Burgez invece prende la direzione opposta

Post Instagram @instaburgez

O ancora, immagina essere uno studente universitario che, alla fine di una lunghissima giornata di studio in vista degli esami, decide di ordinare un hamburger come ricompensa o perché troppo stanco per mettersi a cucinare. 

Arriva l’ordine e dentro la shopper di Burgez c’è questo volantino: 

Sicuramente non è una comunicazione che può darci speranza, gioia o può farci piacere

Ma comunque si raggiunge l’obiettivo di farci provare delle emozioni spiazzanti, di divertimento o sorpresa; tutti ingredienti che possono far innamorare. 

E questo è un fattore di differenziazione non indifferente

In un periodo storico in cui tutti noi sentiamo il dovere di prestare attenzione a cosa dire e come dirlo, per non mancare di rispetto a nessuno e non cadere nel politicamente scorretto, Burgez porta una ventata di aria fresca con la sua comunicazione “senza peli sulla lingua”. 

E veniamo presi di mira tutti, nessuno escluso. 

Per fare un ulteriore esempio, Burgez si diverte a colpire gli ambientalisti, coloro che prestano attenzione alla sostenibilità e al pianeta.

Degno di attenzione, un recente post apparso nell’account ufficiale del fast food:

Post Instagram @instaburgez

Ironia sottile, sincerità fastidiosa e ridicolizzazione di una tematica importante come ingredienti per la ricetta di questa tecnica comunicativa. 

Post Instagram @instaburgez

Contro le regole del marketing

L’affronto al proprio target è solo il primo passo per Burgez. 

Ciò che viene maggiormente colpito e affondato è l’ABC tipico del marketing

Mancanza di attenzione (voluta) per l’estetica visuale, logo e slogan diversi a seconda delle campagne, packaging ideato ironicamente senza sforzi utilizzando il caro vecchio “Lorem Ipsum”; Burgez si scontra con qualsiasi teoria ed esperienza di art director, grafici e direttori creativi. 

Packaging di Burgez

Ma non solo.

Quale brand vorrebbe mai associare alla propria immagine un termine negativo e dispregiativo come “schifoso”? 

Eppure, l’agenzia creativa di Burgez non solo sceglie questa parola come punto focale della propria campagna, ma la rende così iconica da farla diventare aggettivo principale dei suoi prodotti. Ora sono i clienti più affezionati a definire gli hamburger “schifosi”, avendo colto il senso più “giovanile” del termine e usandolo come sinonimo di succulento. 

Campagna Outdoor di Burgez

Quando si ha a che fare con Burgez, non c’è mai limite alla creatività.

Vediamo un altro esempio:

La pubblicità comparativa rappresenta un metodo di promozione dei propri prodotti per cui si sfrutta la comparazione con altri prodotti dei concorrenti. 

In Italia, a differenza dell’America, tale tecnica non è molto amata, poiché il passo per diventare denigratoria nei confronti dei competitor menzionati e illecita per le leggi in vigore è molto breve.

Forse è proprio la scarsità dell’utilizzo della comparazione nella scena italiana o per il rischio dell’illegale che ha attirato il genio di Burgez per questa campagna: 

Campagna Outdoor di Burgez

Con un implicito riferimento al principale competitor McDonald’s, Burgez “ne esce pulito”. Non è diffamante, anzi, viene esaltato il prodotto del concorrente. 

Ma sicuramente incuriosisce, attira l’attenzione e crea un’associazione mentale istintiva con il top player del settore. Non male!

Il co-branding di successo

Tra le attività fuori degli schemi, non si può non citare la collaborazione con Coez.

Il cantante indie, prima del lancio del suo nuovo album, tappezza le città con un’immagine di una ragazza che mangia un hamburger. Dopo diversi rumors, si palesa il co-branding che non passa inosservato. 

Slogan ufficiale rimpiazzato con il titolo, packaging con la copertina dell’album e storytelling sul rapporto del cantante con la catena di fast food; la collaborazione si è rivelata un successo per entrambi. 

Collaborazione Burgez x Coez

Quando una cosa funziona, c’è la tendenza a copiarla. 

Inevitabilmente, sono apparse nei mesi successi diverse collaborazioni tra cantanti e catene di fast food, prima di allora molto rare. 

E come potrebbe Burgez farsi sfuggire l’occasione di provocazione sui social? 

Post Instagram @instaburgez

Il fondatore all’avanguardia

Ulteriore ingrediente magico del panino più “schifoso” di sempre è sicuramente il padre della catena, nonché direttore creativo di Upper Beast Side, agenzia creativa che cura il marketing di Burgez. 

Dunque, siamo di fronte all’esempio perfetto del “giocare in casa”. 

Simone Ciarrufoli non delega ad agenzie di comunicazione esterne, come fa la maggior parte dei ristoratori senza conoscenze in ambito marketing e pubblicità. 

Il CEO in questione pensa, crea, e si assume le responsabilità delle campagne in prima persona. 

Chi meglio di lui può comprendere il posizionamento desiderato, le caratteristiche del proprio target e il tono di voce da utilizzare? 

D’altronde, non è comune trovare all’interno di un ristorante o sotto il menu delle delivery un libro in vendita. Eppure, da Burgez sono disponibili i libri scritti dal fondatore, come “Il Vangelo secondo Burgez” o “Marketing Luther King”, dimostrando così che le porte aperte dallo studio e la passione per il marketing possono portare ovunque, anche alla nascita di un fast food di successo. 

L’atipica ribellione vincente

Per concludere, Burgez dimostra ogni giorno che non è sempre necessario seguire le regole, anzi, a volte, infrangerle crea qualcosa di positivo

Lo stile di comunicazione in questione è riuscito a far raggiungere obiettivi importanti di riduzione della sostituibilità del prodotto, di creazione di una community di persone “innamorate” e, soprattutto, Burgez si è fatto strada in un settore dominato dai “big”, differenziandosi e rendendosi riconoscibile agli occhi di chiunque. 

Perciò, seguendo il tono di voce tipico di Burgez, vi auguriamo una schifosissima esperienza nel fastfood più maleducato e ribelle di sempre!

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