Chief Happiness Officer: la figura aziendale del futuro

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 “A good leader inspires people to have confidence in the leader, a great leader inspires people to have confidence in themselves”. 

Eleanor Roosevelt

CHO: chi è e cosa fa? 

Il Chief Happiness Officer (CHO) è una figura aziendale nata negli USA nei primi anni del 2000 e si è diffusa, in seguito, in Europa e in Italia. Tale figura ha il compito di trasformare le aziende in organizzazioni positive, al fine di aumentare il benessere e la felicità dei lavoratori.

Il leader positivo si occupa del monitoraggio del livello di soddisfazione dei lavoratori, individua delle politiche per migliorarlo e crea delle condizioni ambientali ottimali. Il CHO è un ambassador capace di proporre degli obiettivi di crescita e dei programmi formativi con lo scopo di potenziare le capacità dei dipendenti, che diventano parte di un sistema culturale più grande: l’azienda.

Una figura in grado di vedere oltre, di osservare con dettaglio scenari economici e sociali, di risolvere sistemi complessi allineando le relazioni aziendali. Il CHO può essere interno all’azienda – in modo tale che qualsiasi HR, dirigente o imprenditore possa ricoprire questo ruolo – ma anche esterno. 

La relazione tra benessere lavorativo e livello di rendimento: un tuffo nel passato 

Nel 1927, i sociologi Elton Mayo e Fritz J. Roethlisberger, realizzano uno studio nello stabilimento della Western Electric di Hawthorne, a Chicago. La loro ricerca viene realizzata con lo scopo di dimostrare una possibile relazione tra ambiente di lavoro e produttività dei lavoratori.

Al fine di dimostrare tale relazione, due gruppi di dipendenti nello stabilimento vengono usati come cavie. Nel primo gruppo si decide di migliorare l’area di illuminazione, mentre nel secondo no. Successivamente vengono migliorati anche gli orari di lavoro, le pause e la comunicazione tra alta direzione e gli stessi lavoratori. Tutto questo porta alla scoperta di una maggiore produttività degli operai, grazie ai cambiamenti subiti nell’ambiente lavorativo. 

Chief Happiness Officer
The Harvard Gazette 

Ma perché? 

Gli studiosi hanno dedotto che la produttività aumenta quando i lavoratori sentono di avere l’attenzione su di sé, quando si sentono parte di qualcosa, quando pensano di essere importanti e meritevoli di adeguamenti lavorativi, se necessari. Infatti, i livelli di produttività dipendono fortemente da fattori psicologici, motivo per cui sono connessi al livello di benessere dei lavoratori. In realtà, felicità e produttività sono direttamente proporzionali tra loro perché al variare di uno, varia l’altro. 

I leader positivi: perché è importante averli in azienda? 

Non è una novità sentir parlare di stress lavorativo, conseguenza in base alla quale queste figure si sono diffuse sempre di più nel mondo. Il manager della felicità, grazie all’utilizzo di soft skills, riesce a creare un ponte tra lavoratore stressato e cultura aziendale.

Troppo spesso ci si dimentica quanto sia importante investire sulle soft skills, su una leadership emotiva, sull’empatia che permette di entrare in contatto con l’altro. Quando l’azienda dimentica questo, non sta davvero realizzando un profitto. 

Quindi, che cos’è che realizza il profitto? 

Il profitto non è altro che il frutto del benessere aziendale, che viene monitorato per donare un senso di appartenenza al lavoratore. Avere collaboratori felici significa realizzare la mission aziendale, vale a dire il massimo che un’impresa possa raggiungere: far sì che il lavoratore ami l’azienda come se fosse la sua. Bisogna dare ai dipendenti una voce e far in modo che i valori aziendali siano riconosciuti e apprezzati. Quando l’azienda è in grado di rispettare la brand promise, non solo il target di riferimento, ma gli stessi dipendenti diventano fautori di quella vision, di un sogno. 

I primi Chief Happiness Officer in Italia 

Nel 2015 Veruscka Gennari e Daniela Di Ciaccio hanno fondato la “2BHappy Agency” al fine di diffondere la figura del leader positivo e la crescita positiva delle Organizzazioni. Nel 2019 hanno certificato i primi 54 Chief Happiness Officer italiani grazie a uno speciale percorso formativo.

Quest’ultimo non solo ha permesso di apprendere conoscenze scientifiche e convenzionali, ma anche nuove prospettive di lavoro aziendale orientate alla felicità. Il loro obiettivo è quello di posizionare un CHO in ogni Organizzazione italiana con lo scopo di rendere concreto questo percorso. 

Le due manager, inoltre, hanno fondato “l’Italian Institute for Positive Organizations” nel 2019, un centro di studi che offre formazione e sviluppo personale. 

L’uscita del loro libro “Chief Happiness Officer. Il futuro è delle organizzazioni positive” in commercio dal 27 maggio 2020 permette di comprendere meglio non solo la figura del CHO, ma anche il motivo per cui sta diventando una figura centrale per il futuro delle Organizzazioni. Entrambe definiscono il CHO come un complexity thinker capace di fondere pratica e ricerca, processi e cultura, benessere ed organizzazione in un unicum atto a generare felicità. 

Chief Happiness Officer

Considerazioni finali

Intraprendere un percorso come quello del Chief Happiness Officer non solo permette di aumentare il benessere lavorativo, ma soprattutto rende più sottile il confine tra lavoratore e dirigente.

Bisogna svincolarsi dal concetto di luogo di lavoro asfittico per poter approdare ad una concezione più creativa e dinamica.

Molti lavoratori, nonostante il sogno nel cassetto di possedere una carriera brillante, finiscono col vivere un incubo. Orari di lavoro infiniti, stress, poca soddisfazione, compiti privi di stimoli e scarsa produttività.

La notizia della nascita di questa nuova figura aziendale non tocca solo coloro che vorrebbero rivestire questo ruolo, ma anche per chi lavora in azienda e vorrebbe sviluppare un grado di benessere più elevato.

E voi, cosa ne pensate di questa nuova figura aziendale?

Utopia o realtà concreta?

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