Dark Pattern: quando l’interfaccia manipola e confonde

L’interfaccia di un sito web può presentare delle insidie con l’obiettivo di manipolare e confondere l’utente per portarlo a fare qualcosa lontano dalla sua volontà. È possibile, imparare a riconoscere i diversi tipi di Dark Pattern ed evitare che il nostro cervello cada in trappole cognitive.

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Hai mai provato ad eliminare il tuo account Amazon? Probabilmente no e, anche provandoci, sarebbe estremamente complicato per te riuscirci. Leggendo questo articolo, capirai il motivo. Scopriamo insieme cosa sono i Dark Pattern!

Per eliminare il tuo account Amazon, non avresti dovuto cercare la voce “il tuo account” o, ancora più intuitivo, “elimina account”, come avresti fatto in altri siti web.

Per disattivare un account Amazon occorre scorrere fino alla fine della homepage, cliccare sul tasto help e successivamente selezionare need more help?.

Nel caso in cui, arrivato a questo punto, un utente medio non avesse ancora perso la pazienza, è necessario contattare l’azienda, selezionare la voce “login and security” nel menu a tendina e infine intraprendere una live chat con l’azienda.

Questo è un esempio di ciò che succede quando ci si imbatte nei cosiddetti Dark Pattern; il design di un’interfaccia viene riorganizzato per ingannare gli utenti e portarli a fare (o, nel caso di Amazon, non fare) determinate azioni a beneficio dell’azienda in questione. 

Lo scopo principale, dunque, di questi design sembra essere quello di confondere il consumatore e rendergli difficile esprimere le proprie preferenze. 

Harry Brignull, UX specialist, definisce i dark pattern come un “roach motel” (motel scarafaggio), ovvero un design per cui è facile trovarsi in una certa situazione, ma difficile è uscirvene. 

Ad oggi, sono numerose le aziende che adottano queste strategie; tuttavia, possiamo difenderci da questi “trucchetti” grazie alla conoscenza della propria mente e delle diverse forme che il Dark Pattern può assumere. 

Conoscere le proprie scorciatoie mentali

Andando con ordine, è bene ricordare che queste strategie possono funzionare poiché sfruttano i bias cognitivi, ovvero costrutti mentali che si basano sull’irrazionalità, percezioni deformate e pregiudizi che possono portarci a prendere decisioni sbagliate o insensate, anche se velocemente e senza eccessivi sforzi. 

Pensiamo, ad esempio, agli impegni procrastinati per cui riponiamo eccessiva fiducia in “noi del futuro”; o a tutti quegli acquisti impulsivi per cui siamo stati “ancorati” dalla prima parte del prezzo e abbiamo ignorato i 99 centesimi dopo la virgola. 

“I prodotti sono creati nelle fabbriche, i brand sono creati nella mente”

È ormai studiato e confermato che il nostro cervello è fisiologicamente predisposto a generare scorciatoie decisionali per permetterci di creare schemi mentali e semplificare la realtà che ci circonda. È proprio per questa nostra predisposizione alla semplicità che, spesso, mettiamo la parte del cervello più razionale in “stand-by”.

E anche se non ci piace ammetterlo, se “cadiamo in trappole” è colpa nostra!

Irrazionalità 2.0

Pensa a quante volte hai scelto la cosiddetta opzione di default nel mondo digital.

Ti è mai capitato di lasciarti “bombardare” da newsletter che non trovi interessanti? 

Hai mai preso del tempo per modificare le impostazioni di una app installata sul tuo smartphone? 

Ammettilo, hai mai visto una serie o un film solo perché Netflix l’ha scelto per te? 

Le opzioni di “default sono molto potenti per due motivi principali; innanzitutto, dimostrano che l’essere umano è estremamente pigro, fisicamente e cognitivamente. Il più delle volte seguiremo l’opzione standard perché, se dovessimo esercitare il nostro diritto di scelta per allontanarci da questa opzione, dovremmo fare uno sforzo. 

Inoltre, potremmo pensare che l’opzione di default rappresenti una sorta di “norma sociale”. Se nessuno attorno a noi cambia questa opzione, forse è giusto tenerla invariata!

Cambiando l’opzione di default si possono cambiare le preferenze

Grazie alla consapevolezza delle numerose scorciatoie che la nostra mente è abituata a prendere, saremo in grado di controllare meglio l’ambiente attorno a noi e a “non cadere in trappole”. 

(Ri)Conoscere le diverse maschere dei Dark Pattern

Le strategie di Dark Pattern prendono diverse sembianze, si mascherano, si rendono irriconoscibili agli occhi del consumatore meno attento e meno paziente.

A seconda degli obiettivi, le aziende possono ricorrere a diversi tipi di questi design, o addirittura usarne più di uno contemporaneamente. 

Ecco di seguito alcuni esempi, tra i più ricorrenti nel mondo del web. 

Confirm shaming: umiliazione della conferma

Immagina di imbatterti in una richiesta da parte di una palestra di un tuo indirizzo mail per poter ricevere promozioni e offerte. Le due opzioni disponibili al click sono “Si, sono interessato!” e “No, odio le cose gratis”. 

Se inizialmente potrà venirti anche da sorridere, successivamente sarai portato a provare un certo senso di colpa. D’altronde nessuno odia le cose gratis! 

Questo tipo di Dark Pattern dimostra che molto spesso non ci vengono presentate le opzioni disponibili in modo equo, in particolare, l’opzione di declino è formulata in maniera tale da “far vergognare” l’utente

Attraverso questa presentazione delle alternative, le compagnie riescono ad assicurarsi un numero più elevato di click sull’opzione desiderata. 

Dark Pattern confirm shaming
Umiliazione della conferma in fase di iscrizione

Nagging: il fattore assillo

Come se non fosse già abbastanza frustante sentirsi stupidi quando si declina un’opzione, immagina la frustrazione di non avere neanche la possibilità di declinare. 

È ciò che accade quando ci si imbatte in questo tipo di Dark Pattern: non esiste l’opzione del “no”, si può solo posticipare la decisione. Ma, come spesso accade anche nella vita reale, rimandare implica solo un prolungamento dello stress.

Questa tecnica si basa principalmente sulla persistenza oltre due o più interazioni, per annoiare ed infastidire l’utente così tanto da essere portato a prendere una decisione diversa da quella che realmente avrebbe voluto.

Notifica spazio memoria MacBook
Notifica Apple per spazio di memoria insufficiente

Interface Interference: domande trabocchetto

Anche in questo caso, le diverse azioni possibili sono presentate in modo ingannevole; alcune azioni vengono “privilegiate” rispetto ad altre, confondendo l’utente o limitando la sua capacità di trovare le azioni desiderate. 

Ad esempio, in questo modulo utilizzato da Virgin Active, l’utente sarà indotto a fornire una risposta non desiderata basandosi solo sulla “scansione” veloce ed inattenta del testo.

Modulo iscrizione alla newsletter ingannevole

Friend spam: spammare gli amici

Quante volte ti è capitato di scaricare un social network e dover dare l’accesso ai tuoi contatti? Spesso lo scopo di questa azione è solamente quella di permetterti di cercare i tuoi amici e collegarti con loro. Altre volte però può succedere che, dopo l’approvazione, venga inviato automaticamente un messaggio a tuo nome a tutti i contatti, facendo così godere l’azienda di pubblicità gratuita.

Se da un lato ciò permette all’azienda di acquisire nuovi utenti, dall’altra parte tu potresti passare come “spam” agli occhi dei tuoi amici (se non li hanno già alzati al cielo al solo suono della notifica).

L’esempio più eclatante di questa strategia è fornito da LinkedIn. Fino al 2015, l’azienda chiedeva ai propri utenti di concedere l’accesso ai propri contatti, per poi spedire una mail di invito a loro nome. L’azienda ha successivamente dovuto risarcire i danni ai propri utenti. 

Linkedin dark pattern
Dark pattern di LinkedIn per accedere ai contatti

Gamification: la costrizione della scelta

Un esempio di Dark Pattern molto utilizzato nei giochi in rete è quello delle azioni forzate; si richiede ad un utente di fare certe azioni per accedere (o continuare ad accedere) ad alcune funzionalità. 

Se sei un appassionato del gioco Candy Crush Saga – o forse lo sono i tuoi genitori-, fai attenzione! 

Ogni tanto il gioco proporrà livelli impossibili da completare, così da spingere i giocatori ad acquistare “vite extra” per poter continuare a giocare (e magari soddisfare il bisogno di sentirsi più bravi degli altri amici giocatori).

Se però non acquisti nulla, il gioco diminuirà la sua difficoltà per evitare l’abbandono dell’utente e mantenerlo attivo.

Candy crush Saga dark pattern
Invito all’acquisto di “vite extra” su Candy Crush

Difendersi dall’interfaccia

Come sappiamo, la User Interface (UI) contribuisce a migliorare la nostra vita online, rendendo intuitiva la navigazione e facilitando il nostro comportamento digitale.

D’altro canto, una cattiva (o dark) UI può essere determinante per l’abbandono del prodotto, la reputazione e il posizionamento del brand.

Abbiamo visto, tuttavia, che c’è chi appositamente progetta male l’interfaccia, con lo scopo di portare gli utenti a compiere determinate azioni.

La scelta di seguire una tale “strategia”, però, si scontra con diverse norme.

In primo luogo, dal punto di vista legale, alcuni Dark Pattern rischiano addirittura di violare le leggi in vigore. Dunque, sia le aziende sia i consumatori dovrebbero prestare attenzione alle conseguenze che possono generare queste strategie. 

Inoltre, vengono infrante anche le “regole da marketer” secondo cui l’interfaccia deve essere user-friendly, semplice, utile e piacevole ma, soprattutto, il consumatore non deve mai essere manipolato o allontanato da ciò che potrebbe soddisfare i suoi bisogni. 

Alla luce di questa lettura, possiamo trarre alcuni consigli da aggiungere al nostro bagaglio: 

  • Tieni sempre a mente che il tuo cervello cercherà di facilitarti la vita prendendo scorciatoie; ma, proprio mentre cerca di aiutarti, ti potrebbe far cadere in trappole cognitive;
  • Quando ti senti confuso, ricorda che, secondo un marketing etico, non dovresti mai esserlo; quindi, il brand ingannevole è già nel torto.
  • Fai attenzione perché i Dark Pattern non si presenteranno mai come tali; esattamente come un malintenzionato non ti dirà mai espressamente che lo è. 

Per quanto vorremmo un mondo digitale fatto di brand onesti e interfacce intuitive, non possiamo ancora abbassare la guardia. Come nella vita offline, purtroppo non tutto ciò che ci circonda ha buone intenzioni. Basta solo un po’ di accortezza!

 

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