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Osservate quest’immagine. Che cosa vedete?

Ora provate a completare queste parole:

A cosa pensate immediatamente?
Rossa e frutta, giusto? E perché non russa e fritta? O rissa e fretta? Ebbene, l’immagine della fragola è uno stimolo innescante, detto prime.
Consideriamo un altro esempio ma questa volta in inglese. Qual è la prima parola che vi viene in mente osservando queste tre immagini?

Probabilmente SOAP.
E ora?

In questo caso, vedendo del cibo, dovreste essere portati a pensare alla parola SOUP.
Questo per dimostrarvi che entrambi i casi presi in considerazione sono celebri esempi di Effetto Priming.
Ma cos’è l’Effetto Priming?
Il concetto di Priming deriva direttamente dalla psicologia cognitiva. Esso indica un meccanismo di regolazione secondo cui la precedente elaborazione delle informazioni influenza l’elaborazione delle informazioni successive.
In particolare, per priming si intende l’effetto in base al quale l’esposizione a uno stimolo (prime) incide direttamente sulla percezione e sulla risposta a stimoli successivi (target o bersaglio).
Nei casi mostrati, lo stimolo (la parola fragola) facilita il completamento delle parole target (rossa e frutta). Così come fanno le immagini relative al sapone e al cibo.
Il termine priming deriva dal verbo “prime”, ossia “innescare”. La funzione dell’innesco è simile a ciò che avviene per le armi da fuoco. L’innesco, in quel caso, consente di attivare una reazione di combustione. Così il prime prepara l’individuo a un determinato comportamento e/o risposta, da esso innescati.
Perché si verifica questo effetto?
La funzione primaria del prime è quella di attivare le informazioni già presenti nel magazzino della memoria a lungo termine. Così, le rende accessibili rapidamente.
Immaginiamo il nostro cervello come una struttura di una rete. I nodi sono gruppi di neuroni collegati gli uni agli altri dalle varie associazioni e connessioni, dette sinapsi. Quando un nodo viene attivato da uno stimolo prime, si verifica una diffusione dell’attivazione intorno ad esso. Tale attivazione coinvolge i relativi nodi correlati. In particolare, vengono coinvolti quei nodi intimamente connessi con quello di partenza.
Il priming, dunque, si avvale dell’euristica del riconoscimento. Secondo cui, ogni notizia è memorizzata all’interno del nostro schema mentale, che viene costruito nel tempo collegando a essa altre informazioni ricevute rispetto alla prima notizia acquisita. Quando un nuovo stimolo si presenta, ad esempio una nuova notizia, l’individuo richiama alla mente l’intero schema interpretativo a essa collegato. In questo ambito, importante è la frequenza con la quale la notizia è presentata al lettore.

Consideriamo tale esempio. Tornando a casa da lavoro passiamo davanti a una rosticceria da cui proviene un buon odore di pollo. Presupponiamo che per cena avevamo deciso di cucinare del pesce. Nel momento in cui apriamo il freezer, però, vediamo una confezione di pollo.
Invece di tirare fuori il pesce, prendiamo automaticamente la carne. Il più delle volte pensiamo di aver cambiato idea. Tuttavia, nella maggior parte dei casi non siamo consapevoli che ha avuto luogo un effetto priming.
Infatti, aver percepito l’odore di carne ha attivato dei ricordi che influenzano la scelta della nostra cena. In realtà, molti comportamenti sono influenzati dall’effetto priming e sono determinati da stimoli non del tutto consapevoli.
Tipologie di priming
Un prime può essere qualsiasi cosa. E’ importante, però, distinguere tra diverse tipologie di priming, in base allo stimolo adottato.
- Priming positivo e negativo. Quando lo stimolo prime velocizza l’elaborazione dello stimolo target si parla di priming positivo. Generalmente il prime è positivo. Per esempio, la parola “preside” rende più veloce l’elaborazione di parole come “scuola” o “insegnante”. Al contrario, si ha un priming negativo quando l’elaborazione precedente dello stimolo peggiora quella successiva. Il priming negativo può essere visto come un’interferenza nell’elaborazione di uno stimolo presentato precedentemente ma a cui non si stava prestando attenzione.
- Priming associativo. Lo stimolo prime conduce a un maggiore velocità di elaborazione di un secondo stimolo d’interesse a causa dell’associazione che vi è tra i due. Ad esempio, la parola “cane” conduce facilmente a una possibile elaborazione della parola “gatto”, rispetto a “tavolo”. Questo perché sono più frequentemente associate.
- Priming semantico. Lo stimolo prime è legato a livello concettuale con lo stimolo d’interesse. Ad esempio perché fanno parte di una stessa categoria. E’ il caso del prime “ristorante” che avrà effetto su concetti come “cameriere” o “cuoco”. Questo effetto avviene a causa delle reti associative prima menzionate.
- Priming percettivo. La forma percettiva dello stimolo andrà ad influire sulla velocità di elaborazione di uno stimolo successivo. Ciò è slegato dalla sua componente semantica. Ad esempio, la forma della parola scritta “mela” andrà a provocare priming su una successiva elaborazione della parola scritta “tela”. Questo effetto si riscontra su tutte le modalità percettive. Dunque non è solo legato alla componente visiva.
- Priming di ripetizione. Più l’esposizione a uno stimolo viene ripetuta, più questo sarà facilmente recuperabile dalla memoria dell’individuo quando ve ne sarà bisogno. A volte è sufficiente un colore, un’immagine, uno slogan dello stimolo, per richiamarlo.
Alcuni esperimenti di effetto priming
Un celebre esperimento dell’effetto priming sui nostri comportamenti è quello condotto da Prinz e Seidel. In Alligator or squirrel: musically induced fear reveals threat in ambiguous figures, essi descrivono come i partecipanti siano sottoposti all’ascolto di musica allegra e di musica inquietante. Nel primo caso, lo stimolo prime è “Morning mood” di Grieg, musica particolarmente gioiosa. Nel secondo caso è “Threnody to the Victims of Hiroshima” di Krzysztof Penderecki, musica volta a creare tensione. I partecipanti devono poi riconoscere una serie di immagini ambigue. Esse possono essere interpretate sia come innocue che come pericolose.

I ricercatori dimostrano che gli individui che ascoltano il secondo brano, tendono a concentrarsi sugli aspetti negativi e pericolosi delle immagini. Questo non accade nel caso in cui il brano ascoltato è il primo.
In un altro esperimento condotto presso l’Università di Ultrech, viene chiesto a un gruppo di cinquanta volontari di accomodarsi in una stanza per compilare un questionario. Di nascosto ai loro sguardi si cela un secchio d’acqua. Tale secchio contiene alcune gocce di detergente che emanano un aroma leggero, appena percettibile. Terminato il loro compito, alle persone viene offerto uno spuntino. Coloro che sono stati nella stanza con il profumo consumano il loro spuntino molto lentamente. Coloro che hanno realizzato il questionario in una stanza senza nessun odore, al contrario. Infatti, l’attivazione incosciente del concetto di pulizia ci renderebbe più refrattari a mangiare. Questo vale soprattutto per quegli alimenti che sono salutari per l’organismo.
Ma quindi, cosa c’entra tutto ciò con il marketing?
L’effetto priming nel marketing
Se riflettiamo, in realtà, tutto quello che pensiamo dei brand è una percezione che viene costruita nel tempo sfruttando l’effetto priming. Quando vediamo una pubblicità ben fatta, proviamo delle emozioni. Tali emozioni condizioneranno la percezione che avremo quando saremo successivamente sottoposti a un secondo stimolo. Ad esempio, quando vedremo una pubblicità di vendita di un prodotto di quel brand. O quando passeremo davanti a un negozio. In questo modo, si crea una sorta di circolo virtuoso che alimenta la percezione positiva del brand.
Priming e neuromarketing
Il concetto di priming è strettamente legato a quello di neuromarketing. Molti professionisti, infatti, mettono in pratica tecniche di neuromarketing per comprendere il priming. Ma, soprattutto, per capire in che modo possa essere usato, in maniera efficiente, nel mondo pubblicitario. Soprattutto nella costruzione e nel consolidamento della brand identity. Ma anche nel perfezionamento di prodotti, packaging e siti web. Tanto che il priming marketing potrebbe allora essere definito priming branding.
Roger Dooley, esperto di neuromarketing, afferma, infatti:
«Le implicazioni per il marketing non sono chiare ma potremmo supporre che un’applicazione potrebbe essere quella di esporre un individuo che guarda una pubblicità a uno stimolo prime. Ciò in modo da renderlo più ricettivo al messaggio. Ovviamente questo è ciò che la maggior parte delle tecniche pubblicitarie e di vendite fanno già».

L’esperto aggiunge però che il priming non consiste nel presentare semplicemente delle informazioni al target. E’ qualcosa di più «sottile e inconscio». Infatti, spesso gli individui non si accorgono dell’influenza che lo stimolo prime ha sul proprio comportamento.
Priming con attributi diretti
Di cosa si tratta? E’ una tecnica utile adottabile dagli esperti di marketing. Per capirla utilizziamo un esempio.
Durante uno studio all’interno di un negozio di elettronica, i ricercatori intercettano i clienti che entrano per acquistare un nuovo computer. A metà dei clienti viene chiesto quali siano le loro esigenze del processore. All’altra metà, quali siano le esigenze di memoria. Si tratta, quindi, di una domanda diretta a censire i loro bisogni, non a orientare le loro scelte. Tuttavia, le domande hanno un impatto enorme sui clienti.
Il gruppo a cui vengono chieste informazioni sulla memoria, acquista laptop con una memoria più elevata. Il gruppo a cui, invece, vengono chieste informazioni sulla velocità del processore, acquista laptop con velocità del processore molto più elevate. Il fatto di porre una semplice domanda fa sì che i clienti attribuiscano più peso a queste funzionalità. Tanto da influire sulle loro decisioni di acquisto.
Più generalmente, quando si evidenziano determinate caratteristiche, il nostro subconscio inizia immediatamente a fare associazioni.
Utilizzando dunque l’innesco diretto degli attributi, è possibile creare associazioni e aumentare l’importanza dei punti di forza del prodotto. Vi sono diversi modi per farlo, tra cui:
- Ricorso a domande dirette;
- Immagini evocative di prodotti/servizi;
- Titoli mirati degli annunci;
- Caratteristica del prodotto di innesco evidenziata nel messaggio dell’annuncio.

Il priming nelle pubblicita
All’interno delle pubblicità, il priming è detto subliminale. Il priming, infatti, si verifica anche quando il soggetto non riconosce coscientemente il prime. Questo accade quando gli stimoli vengono mostrati per un lasso di tempo molto breve. Talmente breve da non essere riconosciuti coscientemente.
Sembrerebbe quindi che le pubblicità che si avvalgono del priming riescano ad influenzare:
- lo stato motivazionale;
- il comportamento di consumo;
- la scelta del marchio o del prodotto.
Ma tutto ciò solo se accompagnato da un bisogno o uno scopo già presente nelle persone.
Criticità dell’effetto priming
Negli anni, l’interesse nei confronti di tale tema è cresciuto esponenzialmente. Ciò ha portato diversi ricercatori ad approfondire questa teoria. Lo hanno fatto mettendo alla prova la relativa validità. Moltissimi, però, non hanno ottenuto risultati positivi.
Rilevante è la lettera scritta nel 2012 dal premio Nobel Daniel Kahneman a studiosi del priming effect. Egli mette in evidenza una “tempesta di dubbi” relativi alla robustezza dei risultati degli studi sul priming. Secondo l’esperto, infatti, vi è un’importante mancanza di replicabilità dei risultati di diversi studi. Allo stesso tempo, dilaga la tendenza delle testate giornalistiche a non pubblicare i risultati negativi.
Altri critici asseriscono che gli studi sul priming soffrono di bias di pubblicazione, di effetto aspettativa e che la critica sull’argomento non viene affrontata in modo costruttivo.
Conclusioni
Come abbiamo visto, quindi, il priming nel marketing è una tecnica che può avere un impatto enorme sulla psicologia comunicativo/pubblicitaria.
Immagini, video e audio, fungono da input per un messaggio. L’ascoltatore pone l’attenzione sulla ricorrenza di determinati elementi, ed è cosi che ha vita un processo di priming. Processo che diverrà sempre più forte con la ripetizione dell’esposizione.
Bisogna stare attenti, però, ad usare razionalmente tale strategia, evitando l’errore della sovraesposizione a cui sono sottoposte le persone. In tal caso, infatti, molto probabilmente si otterrebbero risultati opposti.