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L’arte dello storytelling, ossia del “raccontare storie”, si configura come una pratica oggigiorno sempre più diffusa e consolidata nel mondo del marketing e della comunicazione. Di transmedia storytelling, invece, si sente parlare molto meno, in quanto è correlato, per lo più, all’industria dell’intrattenimento (in particolare al cinema).
Cerchiamo, quindi, di capire insieme perché il marketing si è appropriato di questo modello. E, soprattutto, cerchiamo di capire come lo abbia tradotto in vere e proprie strategie di comunicazione per le aziende.
Cos’è il Transmedia Storytelling
Nel suo libro Convergence Culture (2006), Henry Jenkins definisce il trasmedia storytelling come “un processo in cui elementi integrali di una storia si diramano sistematicamente attraverso molteplici canali con l’obiettivo di creare un’esperienza di intrattenimento omogenea e coordinata”. In pratica, si tratta di sviscerare e sviluppare la storia di partenza su più piattaforme. Tali piattaforme sono indipendenti fra loro, ma forniscono all’utente un’esperienza ludica a 360° gradi.

Tra le caratteristiche principali di questa strategia ritroviamo:
- Spalmabilità e recepibilità: Una storia, infatti, viene narrata su più piattaforme e viene fruita in profondità da un target mirato.
- Alla base della strategia vi è la costruzione di un mondo definito in ogni dettaglio, credibile e minuzioso, che ne determina il successo.
- I fruitori della storia partecipano attivamente all’espansione dell’universo. Essi, infatti, propongono contenuti extra (es. fandom o veri e propri capitoli aggiuntivi) che entrano a far parte di quel mondo.
- Si tratta di un’espansione trasversale e non verticale. Nel primo caso si parla di sviluppare molteplici storie e punti di vista situati nello stesso scenario narrativo. Nel secondo caso, la storia viene semplicemente traslata, ad esempio, dal fumetto al cinema.
Ad oggi, dunque, per poter attirare l’attenzione, le aziende non possono basarsi sulla mera informazione dei loro prodotti/servizi, oppure sulla comunicazione dei propri valori. Sono necessari strumenti ulteriori. E quale miglior metodo che narrare la propria storia?
Vi chiederete: Perché? Facciamo un passo indietro.
Storia del Transmedia Storytelling
La tendenza a usare film, fumetti e videogiochi in un sistema integrato (il cosiddetto media mix), nasce in Giappone negli anni ’70, ma è sviluppata nell’universo hollywoodiano non prima del 2010, quando nasce la figura del transmedia producer. Il transmedia producer è colui che si occupa di gestire un progetto destinato a più piattaforme.
Seguono una serie di cambiamenti tecnologici, economici e sociali che hanno un importante effetto sull’industria culturale dei media. Diverse conglomerate (Sony, General Electric, Disney…) uniscono la produzione culturale (cinema, narrativa, musica) e la produzione mediatica (giornali, TV, radio).

Tale convergenza produce narrazioni in grado di attirare ed entusiasmare pubblici eterogenei, rendendoli non solo abituali fruitori, ma co-produttori dei contenuti.
Ed è così che si sviluppa il cinema della convergenza. Però, affinché tale strategia sia efficace, il transmedia storytelling deve essere accessibile da ogni suo entry point. Ciò vuol dire: deve comprendere diversi possibili sviluppi narrativi; deve offrire al fruitore la possibilità di diventare parte integrante della storia; deve garantire la possibilità di approfondire nuovi sviluppo del racconto in luoghi e tempi diversi.
Trance narrativa d’ascolto
“Trance Narrativa d’Ascolto” è una traduzione dell’inglese Storylistening Trance Experience. In particolare, facciamo riferimento a un vero e proprio Stato Alterato di Coscienza, descrivibile come una condizione di profonda concentrazione. Simile a una forma leggera di Trance ipnotica. Deriva dalla fruizione di un contenuto, sia esso una storia che ci viene raccontata, un film, uno spettacolo teatrale, un romanzo.
La Trance Narrativa d’Ascolto avviene perché l’essere umano è naturalmente attratto dalla forma-racconto. Vi si immerge spontaneamente, in quanto è appagante e piacevole. Una buona storia, inoltre, coinvolge le persone soprattutto se sentono che essa parla di loro o di temi a loro particolarmente cari.

Secondo il modello di Brian Sturm, che suddivide i momenti secondo cui gli ascoltatori si immergono nella narrazione, la prima fase di relazione con la storia è il contatto. Ad esso seguirebbe una presa di confidenza e fiducia (familiarità). Successivamente, una vera e propria immersione. In tale fase ci si abbandona totalmente all’universo costruito dalla storia. A quel punto, scatta l’identificazione: la proiezione delle esperienze personali al suo interno. Questo è il punto cruciale dell’intera esperienza.
L’emersione è, invece, il momento in cui la narrazione termina e l’audience emerge dalla trance in cui era caduta durante il racconto. La distanziazione consiste nel dimenticare i dettagli dell’esperienza ma conservarne i ricordi principali. Infine, qualsiasi racconto ha un impatto su chi lo riceve, che può, in alcuni casi, comportare una trasformazione radicale oppure anche minuscola. La trasformazione può consistere nell’adottare un nuovo comportamento oppure un nuovo punto di vista o ancora provare uno stato d’animo diverso.
Vantaggi del Transmedia Storytelling
A questo punto, tra i vantaggi che il transmedia storytelling può avere se adottato in un’ottica di marketing, vi sono:
- Permette di creare contenuti esterni basati su keyword di interesse
I frammenti di storie possono essere creati e divulgati su piattaforme diverse dal proprio sito web per contenere elementi rilevanti da un punto di vista SEO. Viene unita, allo stesso tempo, la forza dello storytelling. E, infine, i contenuti vengono ottimizzati affinché contengano un quantitativo di keywords provenienti dalle query di ricerca degli utenti.
Così è possibile realizzare contenuti costruiti su un insieme di keywords di interesse. Tale insieme aumenta l’associazione del brand a un certo argomento agli occhi dei motori di ricerca. Ciò impiega inoltre la forza dello storytelling per calamitare l’attenzione degli utenti.
- Permette di vendere un’esperienza
Nei mercati dei beni poco differenziati (come i saponi o i deodoranti), l’esperienza ludica prodotta dal transmedia storytelling può costituire un vantaggio concreto nella mente dei consumatori.
Le storie permettono di abbattere le barriere di diffidenza che si ergono inconsciamente tra consumatori e brand prima che questi ultimi vengano recepiti come “compagni di viaggio” dai primi.
Con il transmedia storytelling non si vende semplicemente un prodotto, ma un’esperienza in grado di favorire la loyalty e la retention dei clienti.
- Incrementa l’awareness relativa al brand
Oltre a campagne promozionali a pagamento sui social network e ad annunci sponsorizzati, attivare una campagna di transmedia storytelling può rivelarsi efficace nello stimolare il passaparola. Ciò per merito di una esperienza ludica promossa e collegata al sito web del brand.
Caso studio: The Marvel Cinematic Universe

Un esempio cruciale di un franchise che usa la narrazione transmediale a suo vantaggio è la Marvel Entertainment. Conosciuta anche come House of Ideas, essa è uno dei brand più riconosciuti in tutto il mondo. Grazie al suo acume, la Marvel è diventata un’azienda dal valore miliardario. Si è, infatti, reinventata pianificando una strategia aziendale sviluppata in una trama composta da 4 fasi.
È stata lanciata una campagna di marketing molto ampia per creare un’identità del marchio che potesse affascinare sia i bambini che gli adulti. Dai “nerd” alle generazioni più anziane, compresi i fan storici appassionati di fumetti (a partire dal 1939, anno della fondazione della divisione Marvel Comics).
In questo modo, l’azienda è stata in grado di creare un vero e proprio universo, il Marvel Cinematic Universe (MCU). All’interno di esso, ogni personaggio risulta estremamente “reale”: presenta punti di forza, debolezze, abilità e così via. Il tutto senza dimenticare l’unicità che contraddistingue ciascuno di loro.
Oltre ai supereroi e alle supereroine, la principale differenza tra il mondo reale e l’MCU è la tecnologia più avanzata e l’esistenza di altre civiltà. La Terra del MCU è solo uno dei costituenti dei cosiddetti Nove Regni, un concetto preso in prestito dalla mitologia norrena. Oltre ad essa, vi sono, infatti, molti pianeti e galassie popolati da altre razze e specie. Tra essi: i Kree, gli Xandarian, gli Elfi Oscuri, gli Jotun e gli Zehoberei, solo per citarne alcuni.
MCU…
Prima della fase 1, però, la Marvel non si trovava affatto in buone condizioni. “L’età d’oro” dei fumetti era terminata e marchi iconici come Spiderman e gli X-Men erano stati venduti ad altre case di produzione come Sony e Paramount. In sintesi, sembrava che le cose stessero per andare completamente a rotoli. Eppure, per circa 4 miliardi di dollari, nel 2009 la Disney ha acquistato Marvel e ciò ha rappresentato una grande rinascita per il brand. Da quel momento, la Marvel ha creato uno storytelling transmediale ininterrotto, sviluppato da film, serie tv, giochi, merchandising. Perfino attrazioni nei parchi di divertimento e nelle crociere targate Disney.
In particolare, è stato Iron Man del 2008 a rilanciare l’universo che, da allora, è cresciuto costantemente.

Sappiamo bene che l’immagine qui sopra sarà di difficile interpretazione anche per i più appassionati, ma la sua funzione è semplicemente quella di darvi un’idea dell’enorme portata del fenomeno.
I film all’interno dell’MCU sono il fiore all’occhiello e vengono così divisi nelle quattro fasi in base alla data di uscita. Della prima fase fanno parte i film che vanno da Iron Man (2008) a The Avengers (2012). Sono compresi: L’Incredibile Hulk (2008), Iron Man 2 (2010), Thor (2011), Captain America – Il primo Vendicatore (2011).
Della seconda fanno parte quelli che iniziano con Iron Man 3 (2013) fino ad Ant-Man (2015). In particolare: Thor: The Dark World (2013), Captain America: The Winter Soldier (2014), Guardiani della Galassia (2014), Avengers: Age of Ultron (2015).
La terza fase inizia con Captain America: Civil War (2016) e termina con Spider-Man: Far From Home (2019). Essa comprende: Doctor Strange (2016), Guardiani della Galassia vol. 2 (2017), Spider-Man: Homecoming (2017), Thor: Ragnarok (2017), Black Panther (2018), Avengers: Infinity War (2018), Ant-Man and the Wasp (2018), Captain Marvel (2019), Avengers: Endgame (2019), Spider-Man: Far from Home (2019).
Circolano, inoltre, sul web diverse linee temporali che facilitano la fruizione dei film (in ordine cronologico, in ordine di uscita e così via).
…e transmedialità

Oltre ai lungometraggi usciti e in uscita, vi sono diverse serie, tra cui Agents of S.H.I.E.L.D. (2013), Marvel’s Agent Carter (2015), Marvel’s Daredevil (2015), Marvel’s Jessica Jones (2015); e miniserie, come Marvel’s The Defenders (2017). Oltre a tutto ciò, la Marvel produce cortometraggi di 4-14 minuti, noti anche come “Marvel One-Shots“, che sono presenti come materiale bonus nelle uscite dei film Marvel. Questi “One-Shots” forniscono maggiori informazioni sull’MCU ed elaborano i dettagli minori che potrebbero essere interessanti per i fan del franchise.
Vari crossover nei film e nelle serie collegano il tutto. per mezzo dell’apparizione di personaggi di un film nella trama di un altro.
Per quanto riguarda i fumetti legati all’MCU, fino ad ora, ventuno di questi sono stati pubblicati con 1-4 numeri ciascuno. In molti casi, questi fumetti non solo integrano i lungometraggi e le serie televisiva spiegando dettagli minori, ma servono come anteprima per il materiale in uscita, come farebbe un trailer (teaser). Tuttavia, a differenza dei trailer, non sono solo adattamenti cinematografici in forma di fumetto, ma contribuiscono alla narrazione con informazioni precedentemente sconosciute. In altre parole, questi fumetti tie-in cercano di evitare ridondanze inutili.
Verso la Fase 4
La diffusione del COVID-19 ha avuto effetti piuttosto devastanti sull’industria culturale e sul cinema. Le aziende appartenenti a questo settore hanno dovuto reinventare completamente le proprie strategie promozionali. Questo perché, a causa della chiusura dei cinema, i film in uscita scarseggiavano.
I social media rappresentano un pilastro fondamentale nella narrazione transmediale della Marvel. Si pensi ai trailer degli episodi delle serie TV Marvel o a alle anticipazioni dei making of. Essi contribuiscono nettamente ad arricchire la narrazione. Seguendo le attività sui social Marvel nell’ultimo anno e mezzo di pandemia, infatti, il brand ha continuato a promuovere i prodotti collaterali del Marvel Cinematic Universe. Tra questi: fumetti, videogiochi, merchandise, eventi su Twitch e prodotti culinari.
Un elemento distintivo, è stato, infine, il video emozionale che inseriamo qui sotto. E’ stato pubblicato in occasione della riapertura delle sale, e altro non è che un omaggio al cinema, una “celebrazione del ritorno al cinema”, realizzato nel solco dei film dedicati ai supereroi.
Gran parte del filmato è dedicata ai titoli in uscita da qui a due anni, che fanno parte della Fase 4 (di fatto cominciata con la serie Wandavision su Disney+). Tra essi: Black Widow, il sequel di Black Panther, il sequel di Captain Marvel (The Marvels), The Eternals e così via.

Viene fatta leva su una frase pronunciata dal regista Stan Lee, scomparso nel 2018. Frase che, in questo contesto, per i fan acquisisce un ulteriore significato simbolico oltre che affettivo. «Il mondo può cambiare ed evolversi. Ma l’unica cosa che non cambierà mai è che facciamo tutti parte di una grande famiglia.»
Dunque, ormai è chiaro di come la chiave di tutto il successo della narrazione transmediale sia la progettazione accurata di una storia, che non deve semplicemente essere “tagliata” in punti più o meno arbitrari. Ciascuna delle sue parti deve ricavare il massimo valore da ciascun medium. E’ importante che ogni parte sia autoconclusiva, ma nel contempo funzionale a dare un supplemento narrativo alla storia generale.