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Introduzione
Il connubio marketing e Intelligenza artificiale è protagonista di una ascesa che sembra ormai inarrestabile.
Le attività di marketing che sfruttano tecnologie di AI si moltiplicano giorno dopo giorno.
Dietro un velo opaco di opportunità si nasconde una feroce minaccia: Verrà un tempo in cui l’intelligenza artificiale sostituirà il lavoro di un marketer?
Il quesito non è banale e si amplifica quando si viene a conoscenza di tecnologie di AI capaci di scrivere testi creativi e post.
Come può, in particolare un social media manager, difendere la propria professionalità da applicazioni di questo genere?
Per comprendere nella sua interezza il fenomeno e capire quali possono essere i futuri risvolti è necessario fare un passo indietro.
Partiamo quindi da capire che cosa sia in fondo l’intelligenza artificiale.

Che cos’è l’intelligenza artificiale?
Per intelligenza artificiale si intende l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali ragionamento, pianificazione, apprendimento e creatività.
L’AI, insieme all’ Internet Of Things, alla robotica e all’ingegneria genetica è alla base della quarta rivoluzione industriale in cui si assiste ad una compenetrazione tra mondo fisico, digitale e biologico.
L’intelligenza artificiale è già utilizzata in diverse tecnologie di uso comune quali il riconoscimento vocale, la diagnostica medica, chatbot e così via.
Sperimentiamo la sua intelligenza quando Netflix ci propone serie che potrebbero piacerci o quando Amazon ci consiglia determinati prodotti supponendo che ci possano interessare.
Ma come si istruiscono le macchine?

Attraverso tecniche che prendono il nome di machine learning e che si basano sull’utilizzo di dati.
Una di queste tecniche si chiama “Apprendimento supervisionato” e consiste nel fornire alla macchina una serie di dati che devono fungere da esempi. Quando il computer riconoscerà delle similitudini tra i dati forniti e il caso reale produrrà determinate risposte così come impartite dal programmatore.
Senza inoltrarci in dettagli tecnici, vi basti sapere che esistono anche altre tecniche di machine learning quali il cosiddetto “Deep learning” che si basa su reti neurali a più strati.
Ad ogni modo, stiamo parlando di un mercato che ha raggiunto a livello globale il valore di 67 miliardi di euro nel 2021 secondo un’analisi di Bain & Company; in Italia si aggira intorno ai 300 milioni di euro nel 2020 registrando un +15% rispetto al 2019 (fonte: Osservatorio AI della School of Management del Politecnico di Milano).
Vediamo ora quali sono le principali applicazioni nel marketing.
Tra intelligenza artificiale e marketing: le applicazioni più conosciute
L’intelligenza artificiale è già ampiamente oggetto di politiche attive nel marketing.
L’utilizzo forse più conosciuto e quello in ambito customer care.
Oggigiorno, effettuare una richiesta di assistenza significa per i clienti rivolgersi a chat o assistenti virtuali, operativi 24 ore su 24, capaci di redimere in modo automatico le richieste più semplici e convogliare quelle più complesse a specifici operatori umani.
Questo permette alle aziende un notevole risparmio, nonché una migliore gestione dei flussi e delle risposte.
Ma i vantaggi per le imprese non finiscono qua.
Attraverso l’intelligenza artificiale si possono effettuare delle analisi delle conversazioni audio e valutare il sentiment dei clienti rispetto a determinati servizi e/o prestazioni.
Non solo, grazie alle mole di dati che lasciamo girovagando sui siti web i sistemi di intelligenza artificiale riescono a proporci consigli personalizzati su prodotti o servizi che ci potrebbero piacere.
Questo consente un aumento dei tassi di conversione per le aziende che si sono dotate di questa tecnologia.

I benefici non sono limitati alle sole aziende. Il customer journey viene mappato da queste tecnologie di deep learning innescando percorsi di personalizzazione che vanno a migliorare l’esperienza di acquisto dell’utente.
Basti pensare che grazie a queste tecnologie è possibile migliorare il rapporto tra i canali distributivi fornendo al cliente una possibilità di interazione con il brand/impresa con un’ottica integrata e multicanale; ciò significa che l’utente può richiedere informazioni e completare l’acquisto in base ai punti di contatto che preferisce.
Queste sono solo alcune delle applicazioni sviluppate e non rappresentano affatto la totalità degli esperimenti che si stanno compiendo in questa direzione.
L’intelligenza artificiale come insidia
Fino a qui tutto bene.
Da quanto descritto sfugge come l’intelligenza artificiale possa essere una minaccia per i marketers e in particolare per i social media manager.
Tutto questo regge finchè non si viene a sapere che sono stati creati software di intelligenza artificiale capaci di scrivere testi creativi partendo da poche semplici righe e strumenti che sfruttando modelli predittivi riescono a generare tweet, post, bozze e diversi altri tipi di contenuto.
Come se non bastasse, esistono algoritmi capaci di modificare script e parole chiave in modo da generare una maggiore conversione; questi si possono rivelare vere e proprie minacce per i social media manager e in particolare per i copywriter.
Di fronte all’avanzare dell’intelligenza artificiale sono poche le professioni nel marketing che non sono a rischio.
Una storia che si ripete
D’altro canto, l’avanzare della tecnologia ha da sempre creato interrogativi di questo genere, fagocitando forza lavoro, creando nuove professioni e favorendo la specializzazione dei lavoratori.
Abbiamo da sempre avuto un’idea fredda di macchine e algoritmi: abbiamo da sempre creduto che ciò che contraddistinguesse le macchine dagli umani fosse proprio la mancanza di empatia e di creatività.
La fattuale evidenza della capacità dei software di sopperire a queste mancanze da sempre additate, stravolge tutto il paradigma su cui ci siamo basati per descrivere l’avanzamento tecnologico.
Di necessità, virtù
Come affrontare quindi un cambiamento che sembra essere travolgente?
Esattamente come la storia ci insegna. Aumentando la nostra specializzazione verticale, aggredendo le nuove professioni che si creeranno, acquisendo nuove competenze e sviluppando capacità consulenziali.
La figura del social media manager, così come le altre, non verrà travolta, ma andrà incontro ad un cambiamento.
Ecco quindi avvenire una trasformazione del social media manager verso un ruolo più consulenziale e meno operativo, impegnato nel dettare linee guida di azione e perché no, fornendo i dati attraverso i quali istruire le macchine.

Non è da escludere che gli stessi social media manager dovranno sviluppare competenze di programmazione, cosa che in realtà è già vista di buon occhio nella realtà attuale.
Per non parlare dell’importanza di saper leggere i dati; sarà proprio il professionista in marketing a interpretare i dati elaborati dalle macchine e dare loro il giusto peso.
Il marketer sarà quindi chiamato ad aggiungere quel tocco umano che ancora le macchine non padroneggiano a sufficienza, diventando una sorta di supervisore.
Conclusione
Il rapporto uomo-macchina è da sempre al centro del dibattito e nessun marketer può sfuggire a questo.

La fortuna degli operatori di marketing è che sono allenati: figure resilienti come le loro sono difficili da ritrovare in altri settori.
I cambiamenti e le innovazioni che si sono susseguite nel marketing si sono dimostrate più repentine rispetto ad altri comparti.
È bene quindi prepararsi a quello che si prospetta essere un cambiamento inevitabile.
Nessuna rinuncia all’operatività, ma attenzione crescente verso nuove competenze dalle caratteristiche sempre più consulenziali, interpretative e strategiche.