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Se ti venisse chiesto di pensare alla teoria dei nudge, cosa ti verrebbe in mente? E per quanto riguarda il nudge marketing?
Per coglierne subito il senso, facciamo un piccolo test. Se ti trovassi davanti queste due alternative:
- In questo locale le persone non fumano
- Vietato fumare
Quale delle due alternative farebbe in modo da indurti volontariamente a non fumare? Presumibilmente la prima. Essa, infatti, non impone alcuna regola da seguire, ma è sicuramente più efficace, in quanto fa leva sul potere dell’omologazione. Utilizzando questo invito all’azione, privo di imposizioni, alcune iniziative di utilità sociale ne hanno tratto grande vantaggio.
Questo è un tipico esempio di nudging theory. Andiamo a vedere di cosa si tratta.
Cos’è il nudge?
L’economista Richard H. Thaler, vincitore del premio Nobel per l’Economia, e il professore di Legge della Harvard Law School Cass R. Sunstein, sono i primi a introdurre l’argomento all’interno del libro Nudge: improving Decisions about Health, Wealth, and Happiness.
Secondo loro, “un nudge è qualsiasi aspetto dell’architettura di scelta che altera il comportamento delle persone in modo prevedibile senza vietare alcuna opzione o modificare in modo significativo i loro incentivi economici. Per valere come una semplice spinta, l’intervento deve essere facile ed economico da evitare.”

Il nudge, dunque, letteralmente “colpetto” o “pungolo”, è l’atto di spingere in modo gentile le persone verso comportamenti più efficaci per se stessi e per la collettività. Esso trasforma il comportamento delle persone indirizzandole verso la scelta desiderata o che si presume sia migliore. Per questo, tale approccio viene anche definito “paternalismo libertario”. Da una parte, si decide che una certa decisione sia migliore, per i singoli e per la collettività (salvaguardare l’ambiente, tutelare la salute fisica…). D’altra parte, però, non si introducono obblighi né divieti.
Questa teoria è propria delle scienze comportamentali ma trova oggi applicazione in moltissimi ambiti. Tra questi, la politica, l’economia fino al mondo del marketing (soprattutto neuromarketing).
Tutte le innumerevoli tecniche di nudging sfruttano euristiche e bias cognitivi. Innanzitutto il framing, ma anche i bias confermativi o il negativity bias. E così via, semplificando i processi decisionali in molte occasioni.
Efficacia del nudge
Affinché i nudge siano efficaci, dovrebbero rientrare nel punto di prompt ottimale del Behavior Model di BJ Fogg. Secondo quest’ultimo, i prompt (o i nudge) possono avere successo solo se un individuo è capace di completare un’attività, se è motivato a svolgere quella determinata attività e se ha uno stimolo che scateni l’avvio del comportamento. Infatti:
Comportamento = motivazione x capacità x prompt.

In pratica, l’utilizzo del nudging è efficace solo se si comprende la psicologia dei clienti fino in fondo. Ciò significa comprendere i loro profili psicografici, ossia le loro abitudini, interessi, valori e inclinazioni psicologiche.
Alcuni elementi essenziali all’interno delle tecniche di nudging:
- La facilità: il motto è “miglior risultato con il minimo sforzo” rendendo il comportamento desiderato il più semplice da mettere in atto.
- La pressione sociale: evidenziare che già altri individui hanno adottato un certo comportamento spinge le persone ad omologarsi.
- L’opzione di default: inserendo l’opzione preferita di default si svincolano le persone ad agire riducendo la fatica e lo sforzo.
Nudge marketing
Il nudge marketing è il processo di comunicazione di messaggi che incoraggiano il comportamento desiderato facendo appello alla psicologia dell’individuo.
Starbucks, ad esempio, usa quello che viene chiamato decoy effect (meglio noto come “effetto esca”) con le dimensioni delle bevande.
L’effetto esca è parte della categoria delle cosiddette distorsioni cognitive. Esso fa in modo che le persone abbiano una concezione diversa delle cose rispetto alla realtà. In questo caso specifico, l’aggiunta dell’alternativa “venti” funge da stimolo per influenzare la decisione di acquisto dei clienti. Se il confronto tra i primi due prodotti (tall e grande) non porta ancora a un risultato univoco, la situazione cambia con l’aggiunta di una terza unità, che sembra evidenziare i presunti punti di forza di una delle due opzioni.

In sintesi, se precedentemente le persone sono portate a scegliere la prima alternativa, quella più economica, adesso saranno orientate verso l’alternativa intermedia, diventata improvvisamente più attrattiva.
Nudge marketing nell’e-commerce
I nudge possono essere utilizzati per ottimizzare l’intero percorso del cliente e-commerce. Possono, infatti, aiutare a:
- Accelerare il percorso del cliente.
- Personalizzare il percorso del cliente.
- Effettuare collegamenti tra altri prodotti.
- Alleviare l’angoscia del pagamento in cassa.
È necessario tuttavia ricordare che, in questa operazione, sono i clienti a dover essere mantenuti in prima linea, non il desiderio di maggiori vendite. Altrimenti, le sollecitazioni potrebbero sortire l’evento contrario. Non riusciranno infatti a risuonare e questo potrebbe effettivamente causare resistenza all’acquisto.
Vediamo insieme alcuni esempi di nudge marketing:
1. Etichettatura dei prodotti
Si tratta di spinte implicite che aumentano la credibilità di un prodotto o rendono più facile per i clienti trovare ciò che vogliono. Possiamo suddividere le etichette dei prodotti in:
- Benefici funzionali
- Inneschi psicologici o trigger

ASOS fa un ottimo lavoro dal punto di vista funzionale aggiungendo etichette che aiutano i clienti a cercare jeans correlati alla loro forma del corpo.
IKEA, inoltre, fa un grande uso dei trigger psicologici con le sue etichette. Ad esempio, il “prezzo famiglia” fa appello a un certo segmento di acquirenti desiderosi di risparmi. L’etichetta “nuovo”, invece, fa appello ai consumatori che amano i prodotti innovativi. La “design door: IKEA” è indice di uno stile innovativo da parte di IKEA che fa leva sia sull’autorità che sull’innovazione. In questo modo, IKEA è in grado di creare micro-segmenti basati sui profili psicologici dei clienti.
2. Product badges
Si tratta di sollecitazioni che hanno lo scopo di:
- Attirare l’attenzione degli utenti su un prodotto;
- Rivelare qualcosa sul prodotto che interessa all’utente.
Foot Locker, ad esempio, sfrutta le prove sociali evidenziando quanto un prodotto sia popolare:

Per gli acquirenti che sono alla ricerca di prodotti popolari (ad esempio, acquirenti orientati ai regali), il badge “popolare” semplifica il loro percorso di acquisto.
3. Notifiche intelligenti
Si tratta di un’altra tecnica avente l’obiettivo di spingere gli acquirenti nella giusta direzione. Viene incorporato in particolare il senso di scarsità.

La scarsità, infatti, aumenta l’intenzione di acquisto mostrando prodotti limitati o esclusivi. Dunque, le notifiche intelligenti che utilizzano la scarsità di solito sono:
- Orientate all’azione.
- Favoriscono un senso di urgenza.
- Fanno appello al “FOMO” (Fear of missing out).
Le notifiche intelligenti sono forti sollecitazioni poiché forniscono una varietà di informazioni; ad esempio:
- Mostrano nuove linee di prodotti o informazioni sul marchio.
- Trasmetteno messaggi su un prodotto per renderlo più attraente.
- Mostrano sconti/offerte.
- Incoraggiano iscrizioni/registrazioni.
4. Exit-intent overlays
Gli overlay di intento di uscita sono pop-ups che vengono visualizzati quando un utente sta per lasciare una pagina. Alcuni modi per usarli:
- Offrire newsletter o promozioni se ci si iscrive.
- Offrire un codice sconto.
- Completare la transazione.
- Avvisare i clienti di una nuova linea o dei prodotti.
- Avere un’immagine del marchio che mostri perché si dovrebbe acquistare proprio lì.
Si tratta quindi di sollecitazioni che forniscono ai clienti un’idea dell’identità del marchio. In questo modo, spesso, si riesce a influenzarli a rimanere più a lungo nel negozio o addirittura convincerli a registrarsi per ulteriori informazioni.
5. Social proof sulla pagina del prodotto
Un’altra tecnica di nudge marketing consiste nelle recensioni (sia positive che negative), che aiutano gli acquirenti a valutare meglio i prodotti. Rappresentano, quindi, spinte efficaci per migliorare l’esperienza di acquisto.

Amazon lo fa bene dando la priorità alle recensioni dei prodotti (cattive e positive) e alle “domande con risposta” sulle loro pagine. Più recensioni = più popolare è il prodotto.

6. Spinta al checkout
L’abbandono del carrello può essere uno dei maggiori punti deboli di un marchio di e-commerce. Il checkout è infatti il momento più importante per consolidare il percorso dell’acquirente. A questo punto, infatti, i nudge dovrebbero mostrare ai clienti:
- Affidabilità (simboli di fiducia).
- Offerte (spedizione o reso gratuiti).
- Offerte di upsell e cross-sell (consigli sui prodotti).
- Opzioni fedeltà (abbonamento, e-mail).
Come il checkout con un clic di Amazon, è bene alleviare il “dolore” del cliente per il pagamento, rendendolo più semplice e immediato.
7. Aumentare l’autonomia
Quando gli utenti sentono di avere il controllo della loro permanenza online, essi prestano maggiore credibilità alle offerte e ai prodotti di un brand.
Ad esempio, nel momento dell’acquisto, i brand di successo curano un assortimento di prodotti tra cui scegliere da consigliare al cliente, dando, così, a quest’ultimo la possibilità di autodeterminazione. Nello specifico, ad esempio:
- “Le scelte migliori per te”.
- “Potrebbe piacerti anche”.
- “I tuoi preferiti”.
Molti negozi online integrano anche soluzioni personalizzabili che agiscono come spinte, sfruttando l’autonomia e l’effetto dotazione (endowment effect), il principio psicologico secondo cui le persone attribuiscono più valore a un prodotto se possono contribuire alla sua creazione.
Con Converse, il cliente può scegliere il colore, la forma e il posizionamento di strisce/stelle delle loro famose All-Stars:

Questo genera anche insights interessanti per Converse. Se diversi clienti scelgono colori o stili simili, il rivenditore può pianificare meglio le linee di prodotti future. Più “funzioni autonome” si hanno in loco, più si conoscono i propri clienti.
8. Opzioni predefinite

Thaler e Sunstein descrivono le opzioni predefinite come la tipologia di nudge più potente. Esse, infatti:
- Alleviano lo stress decisionale e il sovraccarico di scelte scegliendo per il cliente.
- Rendono le decisioni più facili per l’utente/acquirente, contrastando l’inerzia.
- Rendono le decisioni più facili per i clienti che si affidano all’esperienza dell’azienda per guidarli.
- Semplificano il percorso del cliente.
Dell utilizza le opzioni predefinite per scegliere le funzioni del prodotto compatibili. Questa spinta funziona bene soprattutto per prodotti con configurazioni complesse (elettronica…) e guida gli acquirenti verso scelte migliori.

È possibile utilizzare le opzioni predefinite in loco per:
- Opzioni di spedizione gratuite e standard.
- Optare per accordi o offerte.
- Scegliere un colore o una taglia di prodotto popolare come impostazione predefinita.
- Scegliere un’opzione in base alla propria esperienza.
Conclusioni
Secondo la teoria dei nudge, è dunque possibile alterare il comportamento degli individui in modo prevedibile per indirizzarli verso la scelta desiderata. Apparentemente, qualsivoglia tecnica di nudge marketing potrebbe sembrare in violazione del libero arbitrio di cui godiamo. In realtà ciò non è vero. Questo perché gli individui hanno sempre la possibilità di scegliere tra diverse alternative.
Si tratta, quindi, non di un obbligo imposto ma di un incoraggiamento inconscio a compiere un’azione. Lo stesso creatore di Nudge Italia, Paolo Moderato, ammette che “si tratta di un’operazione che mira al raggiungimento di un vantaggio collettivo misurabile e consapevole”.
Per ottenere risultati positivi con il nudge marketing è necessario, però, uno studio mirato del target e una costante analisi dei dati per verificare che gli stimoli funzionino. Fondamentale è non esagerare, in quanto troppe spinte, seppur gentili, porteranno certamente al rifiuto da parte dell’utente.
Molti dritte di cui abbiamo discusso sono appropriate soprattutto per i siti web di e-commerce, ma, in fondo, potrebbero essere utilizzate per diverse attività online, se ben ponderate.