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Netflix, Microsoft e Sony sembrano star prendendo in considerazione di inserire la pubblicità all’interno dei loro contenuti. E anzi, il gigante dello streaming ha reso ufficiale la notizia anche a Roma, in occasione dell’apertura della nuova sede.
Ecco le sue parole 👇
“Noi non abbiamo mai avuto spot pubblicitari, ma è chiaro che bisogna lavorare sulla politica del contenimento dei prezzi: vanno studiate nuove modalità. Lo streaming ‘è ancora all’inizio di un lungo cammino, perché permette la visione di contenuti in modalità mai esplorate prima […]
La pubblicità sarà un’opzione: se vuoi pagare meno il servizio ci sarà la pubblicità. Gli spot che si vedranno sulla piattaforma si potranno vedere solo su Netflix.“
Reed Hastings
Come potete immaginare, il popolo del web è esploso all’apprendere di questa notizia. Ma non tutti i mali vengono per nuocere. O meglio, non necessariamente si deve pensare ad un futuro dove le ads disturbano le sessioni di gaming o le serate Netflix ‘n chill.
Netflix perde abbonati e pensa alle ads
Per Netflix la strada verso la pubblicità è stata una scelta obbligata. Il motivo? Un drastico calo di abbonati durante il primo trimestre del 2022 che, seppur causato in parte dallo stop del servizio in Russia, ha costretto l’azienda all’inserimento di inserti pubblicitari.
A tal proposito, la risposta del web è stata molto dura ed il punto cruciale è semplice: molti utenti utilizzano Netflix come alternativa alla televisione. L’inserimento di pubblicità durante le trasmissioni renderebbe la piattaforma una replica della TV classica, ma online.
Netflix è quindi corsa subito ai ripari dichiarando che le ads non saranno invasive e prenderebbero spunto dal “modello Hulu”. Questo vorrebbe dire pubblicità dinamica ed inserita nei momenti di pausa dello streaming. Altro punto di riferimento per il progetto della seconda ‘grande N’ più famosa del mondo sarebbe Spotify. Da qui l’idea di emulare le modalità di abbonamento.
Sovrapprezzo o pubblicità? Questo è il dilemma.
Microsoft e Sony: ads solo nei free to play
Partendo da intenti diversi, anche le big del settore videoludico stanno pensando seriamente di sterzare prepotentemente verso la trafficata strada delle pubblicità.
Quello di inserire la pubblicità all’interno dei videogiochi non è certo un pensiero inedito delle case videoludiche. Infatti, Sony e Microsoft starebbero considerando l’ipotesi di inserire delle pubblicità all’interno dei propri videogames, tenendo fuori dal mucchio i titoli a pagamento. Secondo quanto fatto fuoriuscire dagli insider, infatti, il progetto vorrebbe puntare ad agevolare gli sviluppatori di giochi free to play. Questi potrebbero così arrivare a stringere collaborazioni con grandi marchi in modo più semplice. Tutto ciò a nome di una maggiore sostenibilità in termini di costi di produzione e gestione dei titoli.
Cosa è successo in passato
La scelta di puntare sui soli Free to play non è altro che il punto d’arrivo di un lungo processo mutato e cresciuto negli anni.
L’esempio più recente di un tentativo di inserimento pubblicitario all’interno di un videogame a pagamento viene proprio da Microsoft. Infatti, nel 2020 durante i replay del gioco di lotta UFC 4 veniva mostrato un banner di Amazon Prime Video che promuoveva la serie “The Boys“.Il web, che era contrario a questa scelta, costrinse gli sviluppatori ad eliminare completamente le ads dal titolo in questione.
Perché gli utenti dovrebbero accettare degli inserti pubblicitari all’interno di videogiochi che costano in media non meno di 70€?
Ed è proprio questo il trigger del disappunto del web. Le community infatti, non riescono a mandar giù la possibilità di avere le pubblicità nei free to play. Ma la pubblicità nei videogiochi, come avrete capito, non è questione degli ultimi anni e nemmeno dell’ultimo decennio. È qualcosa che esiste da sempre, più o meno nell’ombra.
Cosa sono le IGA (In-Game Advertising)
Come già detto, le in-game advertising non sono altro che una forma di product placement totalmente digitalizzata.

Dalla loro nascita fino ai giorni nostri, i videogames sono stati considerati sempre di più come veri e propri mezzi di comunicazione capaci di intrattenere gli utenti per lungo tempo. Al contrario di quanto accade per i siti web o per le pagine social, la soglia d’attenzione che in media si presta ad un videogioco è molto più duratura.
Proprio per questa loro capacità di intrattenere il pubblico, i videogiochi sono considerati tra i mezzi più efficaci per il posizionamento di brand, prodotti e quant’altro. Alcune case videoludiche, come Nintendo, hanno dimostrato negli anni di non essere particolarmente interessate all’inserimento delle ads all’interno dei propri titoli, andando controcorrente con l’inserimento di pubblicità farlocche in games acclamati come Super Mario Kart 64.
Tre tipi di IGA
Ci sono però vari modi di far pubblicità con i videogiochi in modo non intrusivo o invasivo. Per questo, vi presentiamo qui tre tipi di IGA 👇🏻
Static In-Game Advertising (SIGA)
Quanto di più simile ci sia al semplice product placement all’interno di un videogioco è proprio la pubblicità statica presente nei videogames.
L’esempio più facile da fare è quello del famosissimo titolo di EA, FIFA che inserisce cartelloni pubblicitari ai bordi del campo da gioco. La SIGA altro non è che l’implementazione di banner pubblicitari – o prodotti da pubblicizzare – all’interno del codice di gioco stesso. Questi elementi essendo presenti a priori all’interno del titolo, non possono mutare nel tempo. La SIGA, dunque, pur essendo un ottimo esempio di in-game advertising, resta una modalità basilare di inserimento di pubblicità all’interno dei videogames.
Allo stesso tempo, essendo esente da algoritmi e variabili legate alla geolocalizzazione, rappresenta un mezzo per i brand che vogliono raggiungere un’audience globale senza particolari differenziazioni di target.
Dynamic In-Game Advertising (DIGA)
Il tipo più utilizzato di IGA è quello che punta sulle pubblicità dinamiche all’interno dei videogames. In questo tipo di in-game advertising le pubblicità sono gestite direttamente tramite server in cui i brand inseriscono i propri banner promozionali – server ai quali si ha accesso esclusivamente a pagamento.
In questo modo si può pensare di creare delle campagne pubblicitarie molto più dettagliate e con un target di riferimento decisamente meglio studiato. Le DIGA, infatti, sono influenzate da vari fattori come – tra i tanti – la geolocalizzazione.
Un tipo di IGA davvero interessante, che durante il gioco appare in maniera totalmente identica alle SIGA sopracitate; l’unica differenza è la possibilità di poter cambiare nel tempo il contenuto da promuovere – un vantaggio da non sottovalutare.
Advergame
Quando il mondo dei videogames e quello dell’advertising si fondono, nascono gli Advergames. Questo tipo di videogiochi sono letteralmente dei titoli incentrati sulla promozione di un brand o di un prodotto.
Possono avere le più svariate forme: dalle semplici app mobile fino a dei veri e propri giochi 3D ben strutturati. Dagli advergames i brand possono trarre dei benefici che vanno ben oltre il mero ritorno economico.
Grazie alle capacità dei videogiochi di stimolare sensazioni positive, gli advergames riescono a facilitare la creazione di vere e proprie communities attorno al marchio che sponsorizzano. Non è da sottovalutare, inoltre, il fatto che grazie ai social media oggi si possano condividere i propri risultati in rete, ampliando ulteriormente il respiro che un gioco brandizzato possa avere.
Un esempio che assolutamente non si può tralasciare è Dumb Ways To Die. Advergame rilasciato il 1 novembre 2012 dalla compagnia Metro Trains di Melbourne. Lo scopo del simpatico giochino era quello di promuovere le norme di sicurezza da tenere a mente ogni qual volta ci si trovasse nelle stazioni della metropolitana.
In poco tempo – e con un budget di gran lunga inferiore a quello di uno spot TV – questo advergame ha raggiunto i videogiocatori di tutto il pianeta, diventando di fatto virale.

Quindi: niente panico!
Come abbiamo visto, non stiamo per entrare in un futuro apocalittico in cui l’advertising ha preso il controllo di ogni nostro spazio. Da appassionati di marketing invece, la domanda da porsi è una: perché questo cambio di paradigma?
Osservando l’esperienza passata del settore games con le pubblicità all’interno di prodotti a pagamento, si può intuire che quando gli utenti pagano non vogliono nient’altro che il prodotto per cui hanno pagato. Se poi, unitamente alle pubblicità, l’ecosistema streaming offre altri lidi ads free e senza variazioni di prezzo, il disappunto è più che giustificato.
Un discorso diverso si può fare invece per la questione Microsoft e Sony. Le due case videoludiche hanno imparato dagli sbagli del passato e, con le dovute cautele, motivano le proprie ambizioni con intenti nobili ed a favore delle piccole case di sviluppo.
Ad ognuno quindi le proprie considerazioni. Intanto, buon gaming o buona visione a tutti!
PS se vuoi approfondire la tematica del Product Placement anche nel cinema ti lasciamo ad un nostro video YouTube👇🏻