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Quale font è più facile da leggere e cosa lo distingue rispetto ad un altro?
Che voi siate dei copywriter professionisti, dei semplici appassionati di scrittura o ancora dei grafici; c’è un elemento che non dovreste sottovalutare nei vostri testi. Prima dell’argomento da trattare, delle immagini, della formattazione del testo, è la scelta del font che conta.
Sappiamo che un testo per essere definito valido deve essere a prova di lettura di tutte le nonne o famosa signora Maria per essere tale. Ciò significa che ha superato il testo di comprensione e quindi di leggibilità.

I font più usati per una facile lettura
Non possiamo di certo fare una classificazione rigida dei font nè una discriminazione indicando quale sia il peggiore o migliore. Come accade il più delle volte, bisogna affidarsi all’esperienza e, forse, al relativismo e cioè studiare il contesto in cui si adopera quello o l’altro carattere.
Lo scopo della nostra comunicazione, il pubblico di riferimento talvolta, il tono di voce e il messaggio che vogliamo comunicare possono aiutarci nella scelta giusta. Se ad esempio, stiamo scrivendo per un giornale cartaceo o un quotidiano online i font più usati per la loro leggibilità e semplicità sono Arial e Times New Roman.
Invece, se scriviamo per una rivista scientifica, i font consigliati sono Verdana e il Baskeville a differenza dei messaggi pubblicitari, banner o brochure dove il font più utilizzato è l’Helvetica.
Alcune regole chiave per rendere un font più facile da leggere:
- Utilizzare un font adatto al contesto del messaggio
- Differenziare sempre la grandezza del titolo dal testo e la grandezza di un titolo dall’altro in ordine di inserimento
- Avere una differenza chiara tra maiuscola e caratteri ascendenti
- Calcolare La giusta spaziatura tra le lettere
- Evitare “l’effetto impostore”, cioè evitare font che nella loro versione maiuscola creino confusione come nel caso della I maiuscola e la l minuscola.
- Evitare l’effetto mirroring cioè l’utilizzo di alcune lettere che se capovolte possono essere confuse perché simili come b e d oppure p e q
Come è fatta l’anatomia di un font
Gli accorgimenti appena elencati ci permettono di comprendere a fondo l’anatomia di un font. Quante volte abbiamo letto un testo in modo automatico? Quasi sempre! Così non abbiamo mai fatto caso che ogni singola lettera di una parola è costituita dalla combinazione del nero(tratti) e dal bianco (controforme).
Proprio il susseguirsi di forme e controforme definisce il ritmo delle parole. L’armonia delle parole è data quindi dall’incastro dei neri coi bianchi e viceversa. Allo stesso modo, la percezione della nostra retina è sottile nella distinzione rispetto allo spessore orizzontale e verticale dei tratti delle lettere di un font.
Non sono meno importanti la spaziatura e la posizione dei tratti sommati all’altezza, utili nel rendere una lettera e poi un font più facile da leggere. Insomma, dobbiamo pensare che nella scrittura i caratteri e i font sono percepiti e usati come il gioco di chiaroscuri nei quadri di Caravaggio.
In sintesi, anche la scrittura è arte e l’aspetto visual nella scrittura è un fattore da non sottovalutare se vogliamo sapere quale font è più facile da leggere.

Gli studi sul neuromarketing per la scelta dei font
La scrittura non è una scienza esatta. Anzi, è creatività.
Tuttavia, con il tempo, l’attenzione per l’uso dei font ha portato ad uno studio approfondito che riguarda la relazione tra neuroscienze e font. Una delle prime ricerche risale al 2008 quando presso l’università australiana RMIT un team di psicologi, scienziati e tipografi ha creato il font Sans Forgetica.
Partendo dal dubbio sulla scelta del font più adatto a comunicare, secondo gli scienziati il Sans Forgetica, sarebbe stato difficile da dimenticare( da qui Forgetica). Altri studi di neuroscienze associati al neuromarketing, hanno sostenuto che ci sia un legame tra il font e la psicologia di chi legge.
Alcuni font avrebbero la capacità di stimolare la creatività o emozioni diverse in base all’uso o alla loro lettura che determinano delle associazioni visive e poi mentali diverse come spiegato anche nel video riportato.
Accessibilità dei testi
In generale, gli studi di neuroscienza prima ancora di essere applicati al marketing per vendere, si sono basati sull’esigenza concreta di rendere accessibili e inclusivi i testi. La questione dell’accessibilità riguarda non solo il vasto pubblico ma anche e soprattutto le persone con difficoltà di apprendimento, di lettura o persone con disabilità visiva e dislessiche.
I parametri per sapere se un testo è più o meno accessibile sono tre: emozione, funzione e tecnica. La capacità che un contenuto sia in grado di suscitare emozioni fa sì che diventi memorabile e quindi si dimostri funzionale alla comprensione del messaggio e all’obiettivo iniziale del messaggio.
Conclusioni
Quando ho iniziato a scrivere questo articolo non ero molto consapevole di cosa ci fosse dietro ad un font. È stato infatti uno studio interessante e una scoperta piacevole per capire che chi scrive come me e partorisce dei contenuti messi nero su bianco, lo fa affinché non rimangono abbandonati a loro stessi.
Ogni singola lettera e poi parola si trasforma in un contenuto che deve sapere ispirare e avere una seconda vita per muovere il pensiero delle persone verso nuovi orizzonti. L’invenzione della scrittura ha permesso di rendere questo strumento accessibile a molti e a rendere democratica la diffusione del pensiero.
Quindi scriviamo con cura le parole, abbracciamo la semplicità dello stile e rendiamo il più possibile accessibili i contenuti in modo da farli nostri per poi condividerli.