Non ti va di leggere? Prova ad ascoltare l'articolo in modalità audio 🎧 |
Il ruolo dei social nel veicolare l’informazione
Comprendere quanto e come la Rete modifichi l’offerta e l’accesso all’informazione di attualità è fondamentale per interpretare il ruolo del Web nella trasformazione di molti ambiti della società. Negli ultimi 20 anni, vi è un cambiamento costante di strumenti, di produzione e fruizione di contenuti, di format. I social media assumono sempre più la funzione di veicolo di una comunicazione rapida ed efficace (ma anche tanta disinformazione).
Le loro funzioni sono innumerevoli. Sappiamo tutti che quanto avviene sui social potrebbe definirsi quasi “non mediato”. L’informazione, infatti, è distribuita in tempo reale. Ciò rende i social una vera e propria finestra immediata sul mondo e tutto quello che vi succede.

Relativamente all’utilizzo di internet e dei social media, il Cinquantacinquesimo Rapporto Censis del 2021 dichiara:
«Si registra ancora un aumento dell’impiego di internet da parte degli italiani. L’utenza ha raggiunto quota 83,5%, con una differenza positiva di 4,2 punti percentuali rispetto al 2019. L’impiego degli smartphone sale all’83,3% (+7,6%) e lievitano complessivamente al 76,6% gli utenti dei social network (+6,7%).»
Ma perché le persone amano informarsi online?
Le cause del successo dei social media registrato negli ultimi anni sono dovute a diversi fattori.
Grande rilevanza assume il desiderio di testimoniare le proprie esperienze vissute. Si pensi al ruolo della fotografia, che negli ultimi anni è diventata più che uno strumento di memoria, un mezzo in grado di testimoniare il proprio vissuto.
Il valore aggiunto dei social è proprio quello di amplificare tali testimonianze. Essi rendono possibile la connessione delle esperienze di ciascuno a quelle di tutti gli altri.
Proprio per la velocità con cui si muovono, i social media sono dunque l’ambiente perfetto per informarsi.

Per non dimenticare la famigerata FOMO, ossia Fear of Missing Out. Essa corrisponde al terrore di “perdersi qualcosa”, di non restare al passo con le notizie, di non essere aggiornati. Il paradosso consiste proprio nel fatto che, nonostante l’informazione sia resa molto più facile online dal continuo flusso di notizie a cui possiamo accedere in pochi secondi e in qualsiasi momento, d’altra parte risulta impossibile rimanere sempre aggiornati.
Le insidie dei social media
Il web (e soprattutto i social media), per quanto attraenti, possono allo stesso tempo rivelarsi insidiosi e motore di disinformazione. Internet infatti, innesca un vero e proprio meccanismo psicologico di de-individuazione. Chiunque si sente “tutelato” dal poter fare ciò che vuole senza aspettarsi conseguenze. Questo meccanismo si traduce in due comportamenti. Innanzitutto, la leggerezza con la quale ci informiamo, e poi la facilità con cui formiamo un’opinione ancora prima di aver approfondito gli elementi in gioco.
Filter bubble e echo-chamber
Gli stessi social sono progettati in modo tale da creare una vera e propria filter bubble. In pratica, chiunque di noi continuerà a imbattersi in notizie dalle persone con cui abbiamo interazioni. Questo meccanismo si auto-conferma all’infinito. Finisce così per escludere altre possibili variabili dall’equazione appiattendo il livello del dibattito tra gli utenti.
Diretta conseguenza della filter bubble è la cosiddetta echo chamber, la camera dell’eco. È un meccanismo per cui incontriamo solo informazioni coerenti con le nostre visioni, su qualsiasi argomento: dalla moda, allo sport, alla politica…

Dalla disintermediazione alle fake news
La disintermediazione elimina ogni filtro, offrendo a tutti la possibilità di parola. Online, il concetto di democrazia è amplificato all’estremo. Chiunque è libero di dire ciò che vuole. La credibilità di un utente (e quindi della notizia che ne deriva) molto spesso dipende dalla sua visibilità, dal carisma e dalla capacità di raccontare le cose in modo accattivante.
Viviamo in un’epoca in cui l’oggettività dei fatti è diventata di secondaria importanza a fronte del loro impatto emozionale o della loro implicita aderenza alle nostre convinzioni. È per questo che all’interno delle echo chambers possono rafforzarsi credenze totalmente errate. Ma, soprattutto, possono formarsi nuove forme di costruzione del consenso.
E’ in questo contesto che pullulano le cosiddette fake news. Si tratta di notizie errate o ingannevoli, che rappresentano una reale minaccia alla stabilità e alla coesione delle società. Infatti, a fronte di un tale numero crescente di fonti di informazioni, occorre un maggior senso critico tra gli utenti. Questo perché soprattutto i social media, fungendo da amplificatori, fanno sì che la disinformazione raggiunga facilmente migliaia di utenti in tutto il mondo.
Il ruolo dei social nel conflitto Russia-Ucraina
In queste settimane, il ruolo dei social media nell’offensiva della Russia contro l’Ucraina è molto significativo. Molto di più rispetto a quello avuto nelle primavere arabe del 2011. La trasformazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky da comico a statista è dovuta anche dal suo utilizzo abile di tali strumenti.
A partire dal 24 febbraio, infatti, giorno in cui ha inizio “l’operazione militare speciale” di Putin, quella tra Ucraina e Russia viene da subito considerata la prima ‘guerra social’ della storia. Per la prima volta, infatti, una nazione in guerra, l’Ucraina, spopola su tutte le piattaforme. Da Facebook a Twitter, da Instagram a Telegram e a TikTok. Ha più profili, e si impegna nel postare notizie e aggiornamenti 24 ore su 24. Il risultato è un boom di accessi, milioni di followers, innumerevoli reazioni.

La potenza di fuoco che la Russia vanta sul piano militare nei confronti dell’Ucraina si sfalda all’interno dei social. I ruoli vengono letteralmente ribaltati. Infatti, è proprio sulle piattaforme digitali che Putin sembra meno potente.
Il sito ufficiale dell’Ucraina, su Twitter, ha ottenuto oltre un milione e mezzo di utenti in soli pochi giorni. Lì, gli aggiornamenti sono costanti, tra esortazioni alla fiducia e alla resistenza, o appelli per aiuti economici, dove le interazioni con i post sono innumerevoli.
Inoltre, non bisogna dimenticare l’account Twitter del ministero della Difesa. Si tratta di un sito futuristico chiamato Defense of Ukraine . Esso ospita video professionali con spiegazioni sulle armi usate, dettagli e aggiornamenti sulle munizioni ricevute sinora dalla Nato.
Tra propaganda…
Vi è sempre un altro lato della medaglia. In effetti, sin da subito, sono emerse evidenti indicazioni circa l’ampia diffusione di fake news volte a distorcere la realtà degli eventi sul campo. Lo scopo sarebbe quello di nascondere insuccessi e orientare l’opinione pubblica, rispettivamente a favore di Mosca o Kiev.
Questo è quanto viene riferito dagli apparati di sicurezza italiani all’Adnkronos:
“Su un account social riconducibile ad ambienti filo-russi, ad esempio, il 2 marzo sono stati messi a confronto due video identici. Si è evidenziato come uno risalirebbe al 2019 inerente la tecnologia militare ucraina. Il secondo, pubblicato in questi ultimi giorni, mira a mostrare la cattura di mezzi tecnologici militari russi da parte dell’Ucraina. L’unica differenza nei due video è la bandiera ucraina. Nel primo video è apposta sul mezzo militare, mentre nel secondo è sostituita da una ‘Z’ per indicare l’appartenenza del veicolo all’esercito russo”.

Su altri account social è riscontrabile una tecnica simile. Nelle immagini manipolate dagli account supporter dell’una o dell’altra parte vi sono sovrapposizioni di sigle che riconducono agli eserciti nemici.
Allo stesso modo, la Tv di Stato bielorussa ha presentato l’esplosione in piazza della Libertà del 1 marzo 2022 a Kharkiv come una provocazione dei nazisti ucraini. Il missile che ha colpito l’edificio, in realtà, non sarebbe in dotazione all’esercito ucraino.
“Ulteriore esempio all’interno dei social media della diffusione di campagne mediatiche di disinformazione da entrambe le parti contendenti, è rappresentato da un tweet del 1 marzo 2022. Viene dichiarata la distruzione di un convoglio militare russo nella regione di Mykolaiv costituito da 800 veicoli, senza alcuna prova evidente della consistenza della colonna, né della sua distruzione”, si aggiunge.
…e disinformazione

Immagini e video fake ormai si moltiplicano online, molti dei quali mostrano veicoli militari distrutti ed esplosioni. Alcuni media circolanti sono addirittura riciclati da altri conflitti. Ad esempio, un post da una pagina Facebook verificata dell’esercito ucraino ritrae quella che si presumeva essere un’azione militare ucraina. In realtà sembrerebbe essere il filmato di un conflitto in Siria nel 2020.
Emblematico è il caso del video che riprenderebbe le imprese di un eroico aviatore ucraino impegnato ad abbattere aerei russi. Smascherato dall’Associated Press, il video è stato in realtà realizzato da un videogioco simulatore di volo. Condiviso, e marchiato come inattendibile sui vari social network, è stato ripreso anche dall’account ufficiale del ministero dela Difesa dell’Ucraina.
Lotta alla disinformazione da parte dei social media
Distinguere ciò che è attendibile da ciò che non lo è diventa allora ancora più complicato del solito. Per questo motivo, le piattaforme di social media si stanno adoperando per limitare la disinformazione.
Il social entra in campo creando un centro operativo speciale. Esso include madrelingua russi e ucraini per monitorare i contenuti da vicino e rispondere ad eventuali problemi. Allo stesso tempo, s’impegna nell’intensificare i propri sforzi di verifica delle notizie, attraverso partner esterni in lingua ucraina e russa.

Inoltre Meta, nei giorni scorsi, ha proibito la diffusione di post a pagamento da parte degli account dei media di stato russi. In questo modo, impedisce loro l’acquisto di inserzioni pubblicitarie e allo stesso tempo, limita la diffusione dei contenuti pubblicati da questi soggetti. Qualche giorno fa, però, il governo russo ha bloccato l’accesso a Facebook nel paese (e a Twitter poco dopo). Esso sostiene che la piattaforma stia operando da tempo una “discriminazione” contro i media russi.
Google e YouTube
Anche Alphabet, la holding che controlla Google e YouTube, sta percorrendo una strada simile. A partire dal 26 febbraio scorso, RT, ovvero Russia Today, network di stato russo, non potrà più monetizzare i propri contenuti. Inoltre i video di RT appariranno meno frequentemente nella lista dei suggerimenti di YouTube con conseguente diminuzione della diffusione. Infine, su richiesta del governo ucraino la testata e altri canali russi non saranno più accessibili dal Paese. Per arrivare poi al primo marzo, dove YouTube ha annunciato che il canale dell’emittente non sarà più visibile all’interno dei confini europei.
Twitter, d’altra parte, interviene sospendendo le inserzioni pubblicitarie dalla Russia e dall’Ucraina, per privilegiare la sicurezza pubblicitaria.
Allo stesso tempo, il social media continua a combattere la disinformazione. Lo fa monitorando le informazioni e controllando le attività di manipolazione degli account degli utenti più vulnerabili.
TikTok
Tra i casi di fake news su TikTok, è emblematico quello raccontato dal sito dell’emittente di stato inglese BBC. Si tratta di una clip che mostra dei paracadutisti russi che ridono e urlano mentre discendono sul suolo Ucraino. Il video è stato visualizzato oltre 27 milioni di volte. Si tratta in realtà di immagini pubblicate su Instagram nel 2015 e caricate su TikTok il giorno dell’invasione dell’Ucraina. Ciò ha spinto molti utenti a pensare che i fotogrammi si riferiscano proprio alla guerra.

Per ciò che riguarda il controllo dei contenuti, le policy di TikTok non sono molto chiare e definite. Probabilmente la relativa giovane età di chi utilizza maggiormente la piattaforma, rende difficile capire quanto sia impegnata nella questione “combattere la disinformazione”.
Prevenire con il fact-checking
Per fact-checking si intendono tutte quelle azioni finalizzate a verificare la veridicità e l’accuratezza di informazioni e dati contenuti all’interno di un pezzo giornalistico e di non-fiction.
Il primo passo per un fact-checking efficace è il controllo delle fonti. Online può essere piuttosto difficile risalire alla fonte originale di una notizia. Soprattutto nei casi in cui, di fronte a situazioni impreviste, coloro che forniscono i primi resoconti su quanto accade sono i cittadini. Tra tutte le informazioni che arrivano da fonti non tradizionali, il giornalista deve selezionare gli utenti che si mostrano più attendibili. Tutto ciò in anticipo rispetto al momento dell’emergenza. Deve preparare liste di contatti privilegiati da seguire. Contatti che operano nella zona e che potrebbero fornire materiale di prima mano.

Vi sono diversi strumenti d’ausilio al fact-checking. Ad esempio i badge blu che contraddistinguono sui social i profili ufficiali di personaggi pubblici. Così come piattaforme che permettono di ricavare informazioni sui contenuti multimediali.
Per stabilire, allora, la veridicità di una foto/video si può partire dall’analizzare i meta-dati disponibili. Essi sono utili a capire come tali foto/video sono stati scattati o girati. Altrimenti si può usare la ricerca inversa, tramite immagini di Google Images. Essa è utile per verificare che quella foto/video non sia stata pubblicata in precedenza.
A tal proposito, la settimana scorsa in collaborazione con Francesco Oggiano abbiamo creato un post dando tre tips per riuscire a fare fact-checking 👇🏻
Conclusione
Cosa può fare ciascuno di noi per non farsi ingannare dalle fake news?
Tante sono le possibilità. Tra il controllo dell’URL, l’esaminazione dei titoli e dell’impaginazione, ma soprattutto il controllo delle fonti. Porsi domande quali: Da dove provengono le informazioni?
Chi ha scritto la notizia? Ci sono link per una verifica dei contenuti?
Insomma, per concludere, che si tratti di comunicazione politica o strategie di content marketing, fare fact-checking è indispensabile, ad oggi, per tutti coloro che producono contenuti. Così come verificare a fondo le notizie che si leggono lo è per tutti coloro che dei contenuti ne usufruiscono.