Non ti va di leggere? Prova ad ascoltare l'articolo in modalità audio 🎧 |
Sono sicura di sapere una cosa di te: ogni mattina apri il tuo account Instagram o Facebook entro mezz’ora da quando ti svegli. Come lo so? Condividiamo lo stessa cultura del social sharing e in questo articolo capiremo in cosa consiste e perché dovrebbe interessarci.
Ma prima di esplorare il social sharing e capire cosa centri con la psicologia abbiamo una confessione da farti.
Questo articolo fa parte di un progetto di Social Education curato da Marketing Espresso in collaborazione con University Network e il Movimento Etico Digitale. Perché lo facciamo, maggiori info e tutti i dettagli del progetto sono leggibili qui.
Premesse terminate, iniziamo!
Qualche dato da conoscere
Se ti dico condividere possono succedere due cose:
- sei una persona di buon cuore per cui condividere significa soprattutto dividere con gli altri qualcosa di tuo.
- Fai parte delle 41 milioni di persone ogni giorno attive sui social media e per le quali condividere significa solo una cosa: postare.
Si, 41.000.000 di persone, hai letto bene! Ma se questo numero non bastasse, pensa che nel 2020 i nuovi utenti sono stati più di 2 milioni, con un incremento quasi del 6% rispetto all’anno precedente.
D’altronde il 2020 non è un anno che dimenticheremo facilmente, ma sul fronte del digitale ha dettato la nascita di nuove abitudini e comportamenti.
A rivelarlo sono i dati del report Digital 2021 pubblicato da We Are social che ci dice che trascorriamo in media 1h e 52 minuti connessi alle nostre care piattaforme e più di 6h al giorno a navigare su Internet.
Sono numeri che hanno dell’incredibile e proprio perché non passano più inosservati dovremmo pensarli come persone con le loro abitudini, vecchie e nuove, e approcciarci ai social media in modo più umano che mai.
Sfatiamo un mito

È opinione corrente pensare che i social media ci rendano individualisti, soli nei nostri recinti di like e di informazioni tutte uguali che ostacolano il confronto con gli altri.
Se questo è anche il tuo pensiero abbiamo una buona notizia da darti: i social media non ci rendono più individualisti.
Lo so, questa notizia rovescia il modo in cui abbiamo parlato finora dei social media, eppure è stata confermata da molte ricerche che si sono occupate di capire perché le persone di tutto il mondo condividono sui social.
La risposta è semplice: le piattaforme digitali ruotano intorno alla possibilità di consentire la creazione e la condivisione dei contenuti con gli altri utenti.
I contenuti che pubblichiamo, la possibilità di farli vedere agli altri utenti e l’effetto che hanno sulla nostra vita sono la base che regge l’intera struttura delle piattaforme.
E allora non ci resta che chiederci: perché sentiamo il bisogno di condividere sui social?
Leggi qui!
5 motivi per cui condividiamo

1. Bisogno di stima e autorealizzazione
Ricordi la piramide dei bisogni di Maslow, la stessa di cui si parla sempre quando si tratta la psicologia del consumatore nel marketing?
Se non la conosci ancora, te la spiego così: nel 1954 lo psicologo Abraham Maslow propose un modello piramidale per descrivere i bisogni delle persone.
Alla base della piramide ci sono i bisogni fondamentali alla nostra sopravvivenza: quelli fisiologici e di sicurezza.
Una volta soddisfatti andiamo alla ricerca di bisogni più complessi, come quelli sociali e relazionali che, al contrario dei primi, non si soddisfano mai. Stiamo parlando dei bisogni di appartenenza, stima e autorealizzazione comuni a tutti gli esseri umani.
Ora sarai curioso di sapere come si manifestano sui social media: vediamoli insieme più nel dettaglio.

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Abraham_Maslow
Il bisogno di appartenenza spinge gli utenti a condividere per provare una sorta di accettazione sociale da parte di un gruppo o un individuo. Che ci piaccia o no, vogliamo tutti sentirci accettati e considerati dalle persone con cui condividiamo gli stessi valori.
Il bisogno di stima si manifesta con la propensione a pubblicare contenuti strettamente personali e incentranti sulla nostra persona. Stiamo parlando di tutti quei contenuti che restituiscono l’immagine esatta che vogliamo veicolare di noi stessi e che ci portano ed essere degli influencer mancati.
Infine, il più importante: il bisogno di autorealizzazione. Fermati un attimo. Prova a pensare a quando i tuoi amici condividono i loro successi sui social media.
Ecco: questa è l’autorealizzazione. D’ora in poi quando mostreremo i nostri successi lavorativi o l’ultimo 30 sul libretto sapremo cosa c’è dietro.
A questo punto dovremmo aver chiaro il legame tra la psicologia e i social media: le piattaforme digitali fanno leva sul bisogno umano di sentirsi soddisfatti e parte di un gruppo a cui comunicare il proprio valore.
2. Mostrare la nostra identità
Certo stima e autorealizzazione sono importanti, ma se pensiamo che sia solo un modo per mettersi in mostra ci sbagliamo.
Le persone vogliono portare il proprio modo di essere all’interno delle piattaforme, ma non è sempre una questione di vanità.
La ragione è semplice: i social media hanno da tempo smesso di essere solamente dei mezzi di comunicazione e sono diventati un posto in cui trascorriamo la maggior parte del nostro tempo.
In fondo, si parla spesso di non autenticità dei social media. Se venisse meno la componente identitaria correremmo davvero il rischio di rendere i social un posto artefatto.
E allora, più che usare i social media come un grande palcoscenico dovremmo sforzarci di pensarli come un modo per presentarci e connetterci con gli altri.
3. Affermare uno status (che non abbiamo ancora)
Ci siamo: questo punto doveva pur arrivare.
Nonostante gli ultimi sforzi per portare un po’ di autenticità sui social media, non c’è dubbio che il processo di selezione dei contenuti operato sulle piattaforme online renda più semplice mostrare non solo chi siamo, ma anche chi vorremmo essere.
Ok, fermi tutti: sbaglio o anche nelle relazioni face to face scegliamo, più o meno consapevolmente, cosa mostrare di noi stessi?
Questo di per sé non è un problema, ma sui social media si rischia di ostentare un modo di essere che non ci appartiene ancora: più che rappresentare chi siamo, si finisce per rappresentare chi vorremmo essere e come vorremmo che gli altri ci guardassero.
4. Una questione di ricompensa
Proprio come se fosse una mostra d’arte, attraverso i contenuti postati è possibile curare la nostra autostima e misurarla in termini di like e commenti positivi.
Pensiamoci: come sarebbero i social media se non esistessero i like? Probabilmente perderemmo la misura del senso di approvazione, ma non è tutto.

Alcuni studi hanno dimostrato che gli utenti che ricevono molti like sono più incentivanti degli altri a condividere contenuti online. Questo non accade solo con le nostre foto e i nostri post, ma anche con quelli degli altri utenti.
In altre parole, il numero di like che riceviamo e vediamo sugli altri è in grado di influenzare le nostre risposte neurali e comportamentali.
Infatti, quando gli utenti vedono post con molti like mostrano l’attivazione delle aree cerebrali del circuito della ricompensa e per questo sono più propensi a rilasciare, a loro volta, forme di approvazione.
Parola della scienza!
In questo senso, i like sono una testimonianza tangibile della considerazione che l’altro ha di noi, così importante da riuscire a migliore la percezione che abbiamo di noi stessi o, al contrario, di farci sentire poco apprezzati dal nostro pubblico.
5. Apparire felici

Hai letto attentamente i primi quattro punti, ma te ne manca uno che di sicuro vedrai quando aprirai una qualsiasi piattaforma online.
Lo avrai notato anche tu: i social media sono il luogo in cui vogliamo apparire felici.
Poco importa cosa ci sia successo durante la giornata: divertimento, amici, svago, viaggi e successi si presentano ad essere condivisi più facilmente, spesso causando la distorsione che la vita sia perfetta.
Sei arrivato fin qui: abbiamo qualcosa per te

Siamo quasi arrivati alla fine del nostro articolo, ma parlare di social sharing e interrogarci sull’uso delle piattaforme digitali non avrebbe molto senso senza la tua partecipazione.
Per questo abbiamo qualcosa per te. Puoi chiamarlo come preferisci: un esercizio, un gioco o un esperimento. Ti servirà solo il blocco note del tuo smartphone e un po’ di memoria.
3 step da seguire:
1. Annota quello che pubblichi
Per un giorno prendi nota di quello che pubblichi: selfie, canzoni, foto di gruppo o articoli. Qualsiasi contenuto va bene, l’importante è annotarlo da qualche parte.
2. Segna le emozioni che provi
Il secondo step è l’occasione per fermarsi a pensare a quali sono le emozioni connesse al contenuto che hai pubblicato.
Se non ti capita spesso di fermarti a pensare a ciò che provi ti ricordo le 7 emozioni base, ma tu scrivi pure quelle che senti più vicine a te: felicità, rabbia, paura, tristezza, disprezzo, disgusto e sorpresa.
Riflettere su ciò che proviamo mentre pubblichiamo un contenuto dovrebbe già darci maggiore consapevolezza dell’uso che facciamo dei social, ma se questo non bastasse chiediamoci pure apertamente: perché stiamo condividendo quel contenuto?
Sono sicura che le risposte ci sorprenderanno.
3. Condividile con noi
Questa è la parte più divertente. Il bello di essere sui social è che possiamo mettere insieme le nostre risposte. Tramite le nostre storie ti chiederemo di inviarci le tue risposte (mi raccomando, non dimenticarti di annotarle).
Ricapitoliamo
Annota quello che pubblichi, pensa a cosa provi e perché lo stai facendo e mettiamo insieme le risposte.
Intanto, mentre stai già pensando a cosa condividere, ti lascio con una citazione di Brian Solis che riassume alla perfezione il nostro articolo:
I social media hanno a che fare più con la sociologia e la psicologia che con la tecnica.
Brian Solis