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Oggi con Nicolò parliamo dei giovani, dell’Italia e del futuro. Se vuoi comprendere il presente ed essere consapevole di cosa ti riserva l’avvenire, ti consiglio vivamente di leggere questa intervista.
Chi è Nicolo Andreula?
Nicolò Andreula è un economista italiano ed un esperto di strategia, marketing e leadership. Ex consulente manageriale per Mckinsey. Oggi è un piccolo imprenditore, fondatore e Managing Director di Disal Consulting, società di consulenza specializzata in strategia e marketing per grandi imprese, startup ed enti pubblici. Inoltre, è professore universitario presso H-farm, la Chinese University di Hong Kong, e la Nanyang Business School di Singapore.
Nel 2019 ha scritto, insieme a Vera Sprothen (giornalista ed economista australiana), Flow Generation: Manuale di sopravvivenza per vite imprevedibili. Il testo affronta le grandi sfide del presente e le conseguenze dello sviluppo tecnologico che stiamo vivendo.
Un libro che, a mio parere, può essere definito il manifesto dei Millennial e della Generazione Z.
Ciao Nicolò, come è stato scrivere Flow Generation?
Diciamo che io e questo libro ci siamo scritti a vicenda. La carica di coraggio che ha generato la scrittura di Flow Generation mi ha guidato verso decisioni importanti per la mia vita ed il mio futuro.
L’intenzione del libro è quella di raccontare i grandi cambiamenti che noi tutti stiamo vivendo. Molte di queste sfide possono mettere paura… lo so perché spaventano anche me. D’altro canto, non ha senso ignorare i problemi per essere sereni.
La paura, se usata bene, è un istinto che ci permette di agire, di prendere coraggio e di buttarci. Fa bene avere un po’ di fifa ogni tanto.
Quindi la paura per il futuro ci fa bene?
Dipende, c’è sempre il rischio di rimanerne paralizzati. Il punto di questo libro non è quello di mettere paura, ma di accendere nei giovani italiani la scintilla del riscatto. Il nostro paese è particolarmente restio al cambiamento, questo è un libro che vuole spingere i giovani ad uscire da questa traiettoria e sperimentare nuovi sentieri.
Probabilmente la nostra vita sarà più incerta rispetto a quella vissuta dai nostri genitori. Al contempo questa non deve essere una scusa per rassegnarsi e gettare la spugna.
Se potessi parlare con il Nicolò diciottenne, quali consigli gli daresti per il futuro?
La prima cosa che gli direi è quella di non avere troppa paura del giudizio degli altri. A 18 anni ci sono molte cose che non fai per questo motivo. Io da giovane avevo paura del giudizio dei miei genitori, non solo di quello che effettivamente pensavano, ma anche di ciò che avrebbero potuto pensare.
Il giudizio ha un peso importante soprattutto in caso di fallimento. Spesso non sperimentiamo perché abbiamo paura di essere etichettati come falliti… a nessuno piace essere deriso. Per provare e sperimentare nuovi sentieri, bisogna imparare a mettere in secondo piano il giudizio degli altri. Continuo a ripeterlo a me stesso tuttora.
Basta guardare il mondo dei content creator, ad oggi non ci sono barriere all’ingresso di natura tecnologica, quasi tutti in Italia hanno uno smartphone ed una connessione ad internet. La sola barriera è data dalla paura di esporsi. Molte persone non iniziano questo percorso perché non vogliono apparire vulnerabili.
In ogni caso sono contento delle cose che ha fatto Nicolò diciottenne, oltre a questo consiglio gli darei anche una bella pacca sulla spalla. Non bisogna essere troppo severi con sé stessi, specialmente quando si è giovani.
Hai una macchina del tempo, e ti è permesso di vedere l’Italia del 2040, cosa ti aspetti di vedere?
Vorrei vedere ovunque la bandiera degli Stati Uniti d’Europa. In futuro mi auguro un fortissimo movimento europeista, che sia capace di cambiare il volto del nostro paese. In realtà è più una speranza che una previsione, sono un ottimista per natura. Sarebbe fantastico vivere in un’Italia multietnica e più tollerante.
La cosa che mi spaventa è che l’Italia in futuro potrebbe essere un paese classista con un divario sociale ed economico importante. Non tutti oggi possono accedere alle stesse opportunità. In Italia l’ascensore sociale già presenta delle difficoltà, non vorrei che questo problema si inasprisse ulteriormente.
Infine spero di vedere un’Italia ben bilanciata in termini di sviluppo socioeconomico su tutto il territorio nazionale. Se ci giochiamo bene le nostre carte i piccoli borghi possono rinascere.
Roma e Milano rimarranno i centri del capitale intellettuale ed economico, ma anche le piccole città potranno costruirsi la possibilità di raccogliere talenti. Ormai i South Worker ed i nomadi digitali sono una realtà, le piccole città italiane devono attivarsi per attrarli, solo in questo modo potranno rinascere i territori abbandonati.
In che modo i territori possono attrarre i nuovi talenti?
Sicuramente i grandi centri hanno una forza di attrazione maggiore, rispetto alle piccole città, perché l’economia dei network fa sì che le persone tendano a spostarsi dove ci sono grandi masse. Ma non credo che saranno per sempre limitati a Roma e a Milano.
A Bari c’è chi si sta muovendo in questa direzione, chissà che in futuro non emerga come nuovo centro per i nomadi digitali. In Sicilia, città come Palermo e Catania, possono avere un ruolo. Ma un nuovo centro potrebbe diventare anche un paesino della valle d’Itria. Questo dipenderà da quali territori riusciranno a cogliere la palla al balzo e a diventare attrattivi per i nomadi digitali ed i south worker.
Questi fenomeni non sono fantascienza, stanno già accadendo a Lisbona, Bali, Chiang Mai. Il covid ha un po’ rallentato questo movimento di persone, ma lo spostamento dei talenti è in atto, ed è un’occasione importante.
L’Italia deve giocare questa partita.
Nel prossimo futuro potrebbero nascere delle piccole Silicon Valley anche in posti inimmaginabili, come ad esempio una piccola città del Sud Italia. Bisogna capire come attrare i nomadi digitali e trattenere sul territorio una massa critica di talenti. Questa è una grandissima opportunità per l’Italia, specialmente per le piccole città. Le bellezze naturali ed artistiche possono essere una calamita importante, ma da sole non sono sufficienti.

Parlando di giovani, quali sono le difficoltà maggiori per l’ingresso nel mondo del lavoro?
Ci sono diverse concause che generano questa situazione.
In primis, evitiamo di mentire a noi stessi, l’economia Italiana è in stagnazione. Lo stallo economico genera una mancanza di opportunità per i giovani. Trovare lavoro oggi non è semplice.
In secondo luogo, c’è un cortocircuito tra scuola, università e mondo del lavoro. Il sistema scolastico ed universitario è scollegato dalle necessità reali delle imprese. Per esempio, la Germania offre molte possibilità di inserimento per i giovani, perché hanno un sistema universitario che aiuta nella fase d’inserimento nelle aziende. L’università italiana dovrebbe orientarsi molto di più al mondo del lavoro, altrimenti i giovani avranno sempre grandi difficoltà.
Infine, e mi dispiace dirlo, noto che alcuni giovani sono poco motivati. Parlo per quel che riguarda la mia esperienza personale. A Bari mi sono speso molto per creare opportunità per i ragazzi universitari con il progetto Global Shaper del World Economic Forum. Mi aspettavo di essere inondato di domande di partecipazione, invece ho ricevuto poche candidature… fossi in loro afferrerei al volo queste opportunità, perché sono rare.
E i giovani come possono prepararsi al futuro del mercato del lavoro?
Prima di tutto un giovane deve capire quali sono le cose che vuole imparare a fare. Perché la passione è indispensabile per diventare davvero bravo in qualcosa, indipendentemente dall’azienda in cui andrai a lavorare.
Io personalmente trovo ci sia una mancanza critica, nel mondo del business, di persone che sappiano analizzare i dati, trarne delle conclusioni e sintetizzarle efficacemente. Da imprenditore posso dirti che trovare persone con queste caratteristiche non è semplice. Per un giovane queste competenze sono utili se sei un ingegnere, un’economista, un giornalista o un marketer.
Queste competenze non riguardano le capacità di calcolo, perché le macchine sono molto più brave di noi in questo. È un misto tra analisi dei dati, problem solving e comunicazione… queste competenze sono molto utili per il mercato del lavoro e lo saranno anche in futuro.
In secondo luogo, non fa male un po’ di Personal Branding. Le aziende oggi non cercano semplicemente un ruolo, ma una persona. Essere in grado di raccontarsi è importante per farsi notare dalle imprese. Un profilo Linkedin fatto per bene è sempre una sicurezza.
Io sono dell’idea che sviluppare una rete di contatti fa bene prima di tutto a noi come persone e alla nostra salute. Putnam disse che il capitale sociale è in declino, ed è dannatamente vero. Proprio per questo dobbiamo investire su relazioni durature, che siano collegate non solo al nostro lavoro, ma anche alle nostre passioni ed interessi. Le tue possibilità non dipendono solo dalle competenze, ma anche da quante persone ti conoscono e ti stimano.
Qual è il ruolo dei social nel mercato del lavoro?
I social sono sicuramente un’arma in più, sia per i recruiter che per i candidati. I recruiter possono utilizzare i social per ricercare i candidati ideali. Dall’atro lato i candidati, ottimizzando i propri profili e creando contenuti, possono farsi trovare più facilmente. Questo non è il futuro, è già il presente.
Ovviamente è sempre un’arma a doppio taglio per il candidato, pubblicare contenuti sgradevoli o offensivi non è una buona idea se vogliamo utilizzare il medium per fini professionali. Come ogni strumento deve essere utilizzato con consapevolezza.
Detto questo, sono convinto che i social possono fare benissimo a chi cerca lavoro, e non parlo solo di Linkedin. Anche Instagram può diventare uno strumento importante per la ricerca di un nuovo lavoro, tutto dipende da qual è il nostro target.
Quali consigli daresti ad un giovane che, finita l’università, ha delle difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro?
Prima di tutto gli direi di non mollare! Anche io ho fatto diversi stage nelle fasi iniziali della mia carriera. Sono state grandissime opportunità di crescita, anche i lavori che mi sono riusciti di meno. Queste occasioni, alcune delle quali deludenti, sono importanti a formare la nostra tempra.
In secondo luogo, io conosco persone veramente in gamba che hanno fatto fatica a realizzare i propri sogni. Per cui ci vuole caparbietà e coraggio nel voler raggiungere l’obiettivo. Se sei in gamba e sai dove vuoi andare, emergerai prima o poi. Ovviamente anche la pazienza è molto importante, non è detto che i nostri obiettivi si debbano raggiungere subito, molto spesso i traguardi importanti richiedono grandi sforzi e tanto tempo.
Le strade non sono lineari, ci sono deviazioni, cambiamenti. La vita non è una linea retta, quindi anche se ti tocca fare il giro lungo, non scoraggiarti.
Ricordati che quando diventi indispensabile per un’azienda, e riesci a dimostrare il tuo valore, faranno di tutto per farti rimanere. Il capitale umano è una risorsa scarsa, e le aziende lo sanno.
Una delle tematiche che mi ha toccato di più nel libro è quella dell’iper-consumismo, quali sono le conseguenze di questi comportamenti sul futuro?
In realtà le conseguenze di questo stile di vita sono già sotto i nostri occhi. Le tonnellate di rifiuti nei nostri mari, la quantità di anidride carbonica emessa ogni anno nella nostra atmosfera.
I comportamenti delle persone, nonostante questi segnali, non stanno cambiando. Il problema non è solo ambientale, ma è anche di natura psicosociale.
Le persone in una società così individualista non sono felici. Arrivati ad un certo punto, all’aumento della capacità di spesa delle persone, non aumenta la felicità. L’acquisto e l’accumulazione di prodotti di consumo può anche portare all’opposto, e deteriorare i rapporti umani ed a creare veri e propri fenomeni di dipendenza.
Per citare Fight Club, quello che possiedi alla fine ti possiede.
Dobbiamo stare attenti alle pratiche di consumo, specialmente chi lavora nel marketing ha una grande responsabilità, perché può essere indirettamente responsabile del malessere economico, psicologico e sociale di molte persone.